1.12.13

Crimes of the Future

David Croneberg
Canada, 1970
62 minuti
 

Secondo mediometraggio dopo il consimile Stereo (1969). Anche se rappresenta gli esordi, Crimes of the Future è un film importantissimo nella carriera di David Cronenberg, perchè è il paradigma di tutte le tematiche che andranno a influenzare il suo successivo percorso cinematografico: dalla malattia (Il Demone Sotto la Pelle - Rabid) alla mutazione (Brood - Videodrome - Scanners - La Mosca); dalla sessualità/omosessualità (Inseparabili - Crash - Il Pasto Nudo) alla psicologia (Spider - A Dangerous Method). Senza contare il peso che le avanguardie americane degli anni '60 hanno avuto sulla formazione del canadese.

Il dottor Adrian Tripod, direttore della clinica dermatologica "Casa della Pelle", è in cerca di una cura per fermare "il morbo di Rouge", una malattia venerea che sta condannando all'estinzione del genere umano femminile. I portatori di questa malattia secernono inoltre una schiuma biancastra che induce a un piacere afrodisiaco. La causa sembrerebbe derivare dagli esperimenti di Antoine Rouge, un tempo direttore della clinica e maestro di Tripod. Visto che il morbo colpisce dopo la pubertà, l'unica speranza per la salvezza dell'umanità è rappresentata da un'inquietante bambina, ricoverata in un altro istituto di sperimentazione...


Secondo Cronenberg, il film può essere letto in chiave psicologica seguendo la tradizione freudiana, che spiega "come alcuni uomini tentino di convivere con la loro parte femminile più sensibile, senza che ciò leda la loro sessualità." Durante l'interminabile viaggiare di Tripod per i vari istituti, alla ricerca della "memoria" di Antoine Rouge, ci si imbatte in individui che vivono una loro mutazione; la parte femminile che risiede in essi comincia ad emergere, caratterialmente ed esteriormente, attraverso svariati comportamenti (la predisposizione a una maggior sensibilità - le unghie laccate) per compensare alla mancanza della figura femminile. Infatti, il morbo di Rouge comporta a una progressiva e irreversibile scomparsa della procreazione; il maschio dunque, deve adattarsi per far sì che l'evoluzione del genere umano non finisca. Il caso di metamorfosi più estrema è rappresentato da un paziente che ha cominciato a sviluppare dei misteriosi organi, apparentemente perfetti, ma privi di qualsiasi funzione i quali, vengono regolarmente rimossi chirurgicamente per poi riprodursi di nuovo. Il finale, estremamente agghiacciante nel suo non svelarsi apertamente, ha il sapore di un pronostico infausto per l'umanità; la bambina che avrebbe dovuto risolvere il problema tramite un'impensabile gravidanza, si rivelerà purtroppo essere contagiata anch'ella dall'insinuante morbo schiumoso anzi, l'ultima frase che il protagonista pronuncia "Adrian Tripod sente la presenza di Antoine Rouge", fa presupporre che lo spirito di Rouge si sia addirittura reincarnato nel corpo della giovane. Pur non mostrando niente e lasciando il tutto, in sospeso (Tripod seduto di fronte alla piccola "prigioniera", sul cui viso scorre una lacrima azzurra) Cronenberg riesce a creare una sequenza decisamente inquietante, che s'insinua pungente, sottocute e nella memoria, come il morbo di Rouge. Sotto l'aspetto tecnico/visivo Crimes of the Future si conserva in maniera eccellente; le musiche sono assenti e il sonoro (il più delle volte sostituito dalla voce narrante del protagonista), svincolato dalle azioni che vengono compiute e costituito esclusivamente da criptici rumori, frequenze di fondo. La fotografia è curata, tagliente, e i lunghi piani sequenza riportano al minimalismo contemporaneo, soprattutto per quanto concerne l'ambientazione futuristica degli edifici e la contemplazione degli spazi; Tripod si muove, si disperde, all'interno di quelle avveniristiche strutture architettoniche che incombenti, sovrastano tutta l'umanità rappresentata, la quale (citando nuovamente Deleuze) appare miniaturizzata al loro interno. Come Tripod percepisce la presenza di Antoine Rouge, allo stesso modo Cronenberg, assorbe qui, gli influssi di Antonioni, Godard e Reisnas.

8 commenti:

  1. I film di Cronemberg sono sempre stati particolari rispetto a molti altri, quindi penso si debba andare preparati alla loro visione.
    Personalmente mi affascina non poco e resto soggiogata da questa cinematografia così cupa , ma spesso magica.
    Grazie del consiglio Frank!

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    1. Certamente bisogna essere preparati, e questo film in modo particolare perchè è un Cronenberg agli esordi, ancora parecchio sperimentale e di conseguenza meno accessibile delle opere successive. Se finora hai visto poco, del regista, il consiglio che ti posso dare è di orientarti magari prima con i suoi film più classici, oppure partendo dai penultimi (La Promessa dell'assassino, A Dangerous Method). In caso contrario, vai pure tranquilla. Grazie a te Nella!

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  2. Cronenberg non mi entusiasma: è bravo, mi piace, ma non mi entusiasma, c'è qualcosa in me che non scatta e non ho mai gridato al capolavoro guardando un film di Cronenberg. Limite mio. Questo, lo ricordo piacevolmente, anche se una rispolverata gliela darei volentieri, specie per carpire gli influssi reisnasiani, visto che all'epoca in cui lo vidi ero abbastanza immaturo; le implicazioni psicologiche, però, m'infastidiscono, specie se riferentesi a quel Freud post-"Al di là del principio di piacere" (altro limite mio, e vanto in questo caso). Certo che, come ti dicevo qui a Torino, il cinema che guarda alla fine (fine della storia, fine del mondo, fine dell'umanità) è un cinema che m'interessa parecchio, anche vista la direzione verso cui ho voluto dirigere i miei studi universitari: gran bel ripescaggio, grazie.

    P.S. Che ne pensi di "Cosmopolis"?

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    1. Fino a qualche anno fa e specialmente da ragazzino, ero folgorato da Cronenberg. Adoravo soprattutto il suo periodo settantino, fino a "Videodrome" (che per me, resta comunque e tuttora il suo capolavoro). Questo l'ho scoperto abbastanza recentemente (assieme a "Stereo"), quando ormai la foga era inevitabilmente passata. Ma credo sia proprio grazie a questo cambio di direzione, se ora lo vedo definitivamente come il suo film più completo; a mio avviso "Crimes of the Future", visto oggi, ti fa capire che il resto della filmografia cronenberghiana potrebbe anche non esserci. Certo, presi singolarmente sono tutti dei grandi film (Videodrome in testa, ripeto) ma quello che fondamentalmente Cronenberg voleva esprimere, lo fa già in maniera più che esauriente in questo, cambia solamente la forma e come, vuole esprimerlo. E infatti (rispondendo anche alla tua domanda su "Cosmopolis") Cronenberg oggi finisce per riciclarsi su se stesso; personalmente i suoi ultimi film veramente interessanti (e che potevano aprire nuove prospettive) restano "Crash" e "Spider". Ma già con "A Dangerous Method" si perde, troppo "freudiano" come credo diresti te. E l'eccessiva (e pretenziosa) verbosità insita in "Cosmopolis" non fa altro che decretarne la fine, di Cronenberg, del suo cinema.... Ovviamente pensiero del tutto personale, comunque penso che difficilmente scriverò altro su di lui, eccetto forse "Videodrome", l'unico su cui vale la pena aggiungere qualcosa.

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    2. Concordo. L'ultimo Cronenberg secondo me è troppo simbolico, ma in maniera a tratti stucchevole. In "Cosmopolis" per esempio rappresenta questa rinascita dell'uomo che da borghese che era scopre la propria esistenza, vive la vita (v. la trasformazione della macchina, da nuova che era a scassata che si ritrova, quindi segnata, vissuta) e si ricongiunge con la propria metà, ma lo fa in maniera che, almeno a me, fa dire: "Ehmbé?". Chissà se DeLillo è stato fiero di quella pellicola... La prima produzione di Cronenberg è senz'altro più interessante, originale, cronenberghiana appunto, anche se il suo capolavoro per me resta "M. Butterfly", che trovo ineccepibile.

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    3. Eh, "M. Butterfly". Bello si, ma va presa come un'opera a sè stante; è un film in qualche modo slegato dalla tipica visceralità della sua poetica. Un pò come "Inseparabili", che praticamente chiude la prima fase cronenberghiana. Siamo in un periodo di transizione, "M. Butterfly" arriva subito dopo (e dopo il "Pasto Nudo" (anche quello alquanto atipico), se ci pensi e tra l'altro Cronenberg utilizza per la seconda volta successiva il volto di Jeremy Irons. L'inizio della seconda fase e quindi il "rientro" nei "classici" canoni del suo cinema, a mio avviso coincide con "Crash"; ed è da questo film in poi, che la psicologia inizia ad assumere una rilevanza particolare.

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    4. Eh, ViS, non sono così esperto di Cronenmberg come te :P

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    5. Ma dai, per uno? Prova a immaginare su quanti autori dovrei approfondire io, in confronto a te :P

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