26.9.13

Rivoluzioni #1 | I Cannibali

Liliana Cavani
Italia, 1969
83 minuti


Questo film, recuperato dall'ormai polveroso archivio delle mie vecchie recensioni, è un buon pretesto per inaugurare un'altra categoria, "Rivoluzioni" e che per certi temi, ben si equipara anche alla sezione "Avanguardie". L'intento è quello di gettare occasionalmente, qualche impressione su di un cinema che a ponte tra gli anni '60/70 era etichettato come sovversivo, anticonformista, un cinema dell'insurrezione ancora una volta atto a trasgredire concetti, regole e valori. Solo pochi titoli, ma che reputo fondamentali nell'aver rappresentato un'epoca che, indiscutibilmente, ha lasciato le sue cicatrici. E quale miglior inizio, se non un film con colui che forse meglio di chiunque altro, ha raffigurato l'immaginario ideologico di tale epoca: Pierre Clementi.

24.9.13

Sueno y Silencio

Jaime Rosales
Spagna, Francia, 2012
106 minuti


Yolanda insegna in una scuola materna di Parigi, dove si è trasferita con il marito Oriol, architetto e le due figlie Alba, e la primogenita, Celia. Durante una gita in Spagna, sul delta del fiume Ebro, Oriol e Celia restano coinvolti in un incidente d'auto nel quale la figlia perde la vita. Dopo essersi risvegliato da un coma che l'ha costretto in ospedale per diversi giorni, per Oriol il ricordo di Celia è completamente svanito, cancellato, come se quella figlia, non fosse mai esistita...
Yolanda (il sogno) e Oriol (il silenzio); una coppia impegnata nella sofferta ricostruzione del proprio rapporto e della propria vita famigliare, dopo che una parte di essa, ha lasciato spazio all'incomunicabilità.

23.9.13

Expected #1 | La Via Crucis

Estratti da Century of Birthing di Lav Diaz (Filippine, 2011)

Dove culminerà la faticosa ascesa di questa donna?... Forse alla vetta della poetica di Diaz stesso; quindi Diaz = Tarr / Century of Birthing = Il Cavallo di Torino?... Staremo a vedere e nell'attesa, vale la pena soffermarsi ad ammirare i suggestivi frammenti di questo lungo cammino.

20.9.13

Tracce #11 | Alves e Lamar: sguardi radicali dal Sud America

Nei crediti di Tremor, appare il nome di Pablo Lamar come curatore del suono; nome che non mi era nuovo perchè legato alla regia di Noche Adentro, cortometraggio argentino da tempo adocchiato e che ora, ho finalmente avuto l'occasione di vedere. C'è un interessante legame tra Ricardo Alves Jr. e Pablo Lamar (due autori da tenere assolutamente sotto osservazione), oltre alla collaborazione in Tremor; entrambi radicalizzano su un cinema (quello contemplativo) già di per sè radicalizzato, asciutto, asettico, ma che genera varchi talmente profondi su cui inevitabilmente si è costretti a riflettere, pensare. Dai loro film, emerge un lavoro che scava in modo ancor più viscerale e sanguigno; un cinema sovversivo che non trasmette parole, ma sensazioni pulsanti e che, in entrambi i casi, segue innegabilmente, ma con dignità, la lezione di un certo Carlos Reygadas.

15.9.13

Locarno 66 #6 | Tremor

Ricardo Alves jr.
Brasile, 2013
14 minuti


Il surreale incipt di Tremor, quarto cortometraggio brasiliano dell'interessante Ricardo Alves jr. presentato nella succosa sezione "Pardi di domani" a Locarno, è di quelli che restano impressi a lungo. Un elegante cavallo bianco, al passo per le vie illuminate di Belo Horizonte, una creatura immortalata in uno scenario di luci e ombre, spaesata come il protagonista Elon Rabin; un uomo alla ricerca della moglie scomparsa, ma soprattutto, alla ricerca di risposte interiori, risposte che a noi, per il momento, rimangono ancora oscure. Alves lo segue costantemente, camera a spalla, nel suo infinito peregrinare per la città; un continuo saliscendi per le scale di edifici che si ergono sul panorama sottostante, attraverso corridoi claustrofobici di ambigue strutture ospedaliere.

14.9.13

Locarno 66 #5 | Nasza Klatwa (Our Curse)

Tomasz Sliwinski
Polonia, 2013
27 minuti


"La candela accesa respira e la si chiama fiamma. Il corpo respira e lo si chiama vita. Ne' fiamma ne' vita sono sostanze ma processi. La fiamma differisce dallo stoppino o dalla cera come la vita dal corpo o l'amore da un ormone."
- John Severinghaus
 

Con questo short-film del polacco Tomasz Sliwinski, siamo nei territori della docu-fiction; una drammatica testimonianza personale a cui il regista ci sottopone con fermezza, documentando la crudele realtà che quotidianamente è costretto a vivere, assieme alla moglie e il bambino appena nato.

11.9.13

Come in uno Specchio (Såsom i en Spegel)

Ingmar Bergman
Svezia, 1961
86 minuti


"Ho avuto paura. La porta si è dischiusa, ma il Dio che è entrato era solo un ragno. Si è avvicinato a me e io l'ho visto in faccia: un viso ripugnante e gelido. Si è lanciato su di me, voleva possedermi ma io mi sono difesa. Vedevo continuamente i suoi occhi così freddi e calmi. Non è riuscito a penetrare in me, così ha strisciato sul mio petto, sul mio viso, e se ne è andato su per la parete. Ho visto Dio."
- Karin (Harriet Andersson)

8.9.13

Camille Claudel, 1915

Bruno Dumont
Francia, 2013
94 minuti

Era alquanto intuibile, per i conoscitori del cinema di Bruno Dumont, che quest'ultimo, atteso lavoro, andasse a penetrare proprio nel periodo più buio della vita di Camille Claudel, focalizzandone tre giorni, del suo conclusivo periodo d'internamento.  
Ma rinfreschiamoci un attimo la memoria: Camille Claudel era una scultrice, originaria di Villeneuve (dipartimento dell'Aisne, a nord della Francia) e sorella dello scrittore Paul Claudel. Nacque nel 1864 e dopo una relazione finita male con il maestro scultore Auguste Rodin, alla morte del padre, nel 1913, fu internata dai famigliari in un manicomio del sud della Francia dove, per 29 anni, visse in attesa di una visita del fratello (con cui comunicava tramite missiva), fino al giorno della sua morte, il 19 ottobre del 1943... Camille, non potè più tornare a scolpire.

6.9.13

Biennale (Venezia 70) 5-9-13 | Jiaoyou (Stray Dogs)

L'attesa per poter rivedere quest'ultimo, immenso lascito (a quanto si dica) al cinema da parte di Tsai Ming Liang, sarà veramente febbrile. Perchè su Jiaoyou sarebbe semplice, nonchè immeritevole, scriverne solo superficialmente elencandone i vari segmenti che compongono la sua struttura epidermica, quella è scontato; nel bene o nel male, s'imprime all'istante e resta indelebile, senza alcuna possibilità di fuga dalla mente dello spettatore, per qualunque corrente cinematografica esso sia portato, poco importa. Una sola visione è niente, per un'opera di tale potenza impressionistica; Jiaoyou và innanzitutto vissuto, metabolizzato e poi rivisto, per poterlo analizzare dettagliatamente in tutta la sua interiorità.