Ricky Rijneke
Olanda, Ungheria, 2013
97 minuti
Csilla, una giovane donna ungherese, si sveglia all'interno di un'auto capovolta nelle campagne di un luogo imprecisato. Il suo primo pensiero è rivolto al fratello minore, Isti, che viaggiava con lei e che ora, sembra scomparso senza lasciare traccia. Sconvolta dall'accaduto, la donna incontra Gabor, un'imprenditore poco affiidabile che la convince a lavorare per lui a bordo di una nave mercantile diretta verso l'Europa Occidentale.
Mantenendo fede a una vecchia promessa fatta al fratello (abbandonare il proprio paese, passato, e ricominciare una nuova vita), Csilla s'imbarca, intraprendendo così un viaggio le cui coordinate spazio-temporali iniziano a perdersi lentamente, molto lentamente, finendo per svanire in un manto oceanico che sembra plasmare sogni e ricordi...
Silent Ones è un viaggio esistenziale rarefatto e sospeso, permeato da un minimalismo di fondo come poche volte è capitato di vedere in un cinema dalle sfumature, se vogliamo, più "tradizionali" come questo. Discostandosi infatti da quei territori di ultima sperimentazione, il fluttuante esordio al lungometraggio dell'eclettica artista (scrittrice, montatrice, fotografa, grafica) Ricky Rijneke, sembra, al contrario, cullarsi più agevolmente tra le sensoriali visioni del miglior Grandrieux (quello di Un Lac, per intenderci), e i drammi umani messi in scena da un Mundruczó (del quale tra l'altro ne "preleva" l'attrice feticcio Orsolya Tóth). Ed è proprio quella che si potrebbe definire una visione dell'assenza; non solo nel rappresentare la tentata elaborazione di una perdita (il fratello di Csilla... O forse è Csilla stessa? D'altronde, la vera potenzialità del film risiede proprio in un finale talmente libero e creativo da offrire molteplici spunti di riflessione, dove ognuno di noi può (ri)formulare un proprio e differente pensiero) ma in prim'ordine perchè congloba efficacemente quelle caratteristiche fondamentali (certosino lavoro di sottrazione; propensione all'onirico; vivida rappresentazione dei flussi di coscienza) che trovano nelle pieghe di questo spazio virtuale la più conforme dimensione. Attraverso una costruzione essenziale (epurata sia nella forma che in una narrazione che evita qualsiasi precisazione, soprattutto per quanto riguarda i trascorsi di Csilla e suo fratello), Silent Ones si affida a carrellate ellittiche al limite dell'inazione (oltretutto accompagnate dall'ipnotico incedere sonoro realizzato da Andrey Dergatchev, già autore delle musiche per The Banishment, del russo Zvyagintsev), per seguire una traiettoria principalmente simile a quella di un road-movie, ma che riesce al contempo ad astrarsi dalla fattualità di quel viaggio verso occidente per intraprenderne un altro, di viaggio, puramente percettivo e destinato a stemperarsi (come le distese paesaggistiche a nord del Belgio - gli alienanti luoghi della memoria - costantemente invase dalla nebbia) in quell'oceano di pensieri che affolla la mente della protagonista. La cosiddetta frattura temporale, qui rappresentata da un elemento primario come l'acqua (straordinario il momento di scissione: il bagno dei due protagonisti attraverso piani temporali differenti) subentra immediatamente dopo che Gabor approfitta di Csilla privandola di quella catenina, l'unico ricordo materiale che la legava ancora al fratello. Da quell'istante, infatti, l'immersione della donna nell'acqua equivale alla completa disconnessione da quella realtà claustrofobica vissuta tra gli interni ferrosi del cargo, elevando l'opera, che si sospende definitivamente in arterie boschive e metafisiche di reygadasiana memoria (la mano del ragazzino volta al cielo, durante il suo imbrunire). È la definitiva evocazione del ricordo/immagine, il trionfo di un linguaggio visivo/sensoriale che resiste, e che perdura, oltre lo schermo nero che accompagna i titoli di coda. In fin dei conti, come dichiarato dalla regista: "Il film nasce da immagini, atmosfere, da un certo stato psicologico del personaggio principale. Lo stato d'animo è la cosa che conta di più nel mio cinema."... inaffondabile!
Olanda, Ungheria, 2013
97 minuti
Csilla, una giovane donna ungherese, si sveglia all'interno di un'auto capovolta nelle campagne di un luogo imprecisato. Il suo primo pensiero è rivolto al fratello minore, Isti, che viaggiava con lei e che ora, sembra scomparso senza lasciare traccia. Sconvolta dall'accaduto, la donna incontra Gabor, un'imprenditore poco affiidabile che la convince a lavorare per lui a bordo di una nave mercantile diretta verso l'Europa Occidentale.
Mantenendo fede a una vecchia promessa fatta al fratello (abbandonare il proprio paese, passato, e ricominciare una nuova vita), Csilla s'imbarca, intraprendendo così un viaggio le cui coordinate spazio-temporali iniziano a perdersi lentamente, molto lentamente, finendo per svanire in un manto oceanico che sembra plasmare sogni e ricordi...
Silent Ones è un viaggio esistenziale rarefatto e sospeso, permeato da un minimalismo di fondo come poche volte è capitato di vedere in un cinema dalle sfumature, se vogliamo, più "tradizionali" come questo. Discostandosi infatti da quei territori di ultima sperimentazione, il fluttuante esordio al lungometraggio dell'eclettica artista (scrittrice, montatrice, fotografa, grafica) Ricky Rijneke, sembra, al contrario, cullarsi più agevolmente tra le sensoriali visioni del miglior Grandrieux (quello di Un Lac, per intenderci), e i drammi umani messi in scena da un Mundruczó (del quale tra l'altro ne "preleva" l'attrice feticcio Orsolya Tóth). Ed è proprio quella che si potrebbe definire una visione dell'assenza; non solo nel rappresentare la tentata elaborazione di una perdita (il fratello di Csilla... O forse è Csilla stessa? D'altronde, la vera potenzialità del film risiede proprio in un finale talmente libero e creativo da offrire molteplici spunti di riflessione, dove ognuno di noi può (ri)formulare un proprio e differente pensiero) ma in prim'ordine perchè congloba efficacemente quelle caratteristiche fondamentali (certosino lavoro di sottrazione; propensione all'onirico; vivida rappresentazione dei flussi di coscienza) che trovano nelle pieghe di questo spazio virtuale la più conforme dimensione. Attraverso una costruzione essenziale (epurata sia nella forma che in una narrazione che evita qualsiasi precisazione, soprattutto per quanto riguarda i trascorsi di Csilla e suo fratello), Silent Ones si affida a carrellate ellittiche al limite dell'inazione (oltretutto accompagnate dall'ipnotico incedere sonoro realizzato da Andrey Dergatchev, già autore delle musiche per The Banishment, del russo Zvyagintsev), per seguire una traiettoria principalmente simile a quella di un road-movie, ma che riesce al contempo ad astrarsi dalla fattualità di quel viaggio verso occidente per intraprenderne un altro, di viaggio, puramente percettivo e destinato a stemperarsi (come le distese paesaggistiche a nord del Belgio - gli alienanti luoghi della memoria - costantemente invase dalla nebbia) in quell'oceano di pensieri che affolla la mente della protagonista. La cosiddetta frattura temporale, qui rappresentata da un elemento primario come l'acqua (straordinario il momento di scissione: il bagno dei due protagonisti attraverso piani temporali differenti) subentra immediatamente dopo che Gabor approfitta di Csilla privandola di quella catenina, l'unico ricordo materiale che la legava ancora al fratello. Da quell'istante, infatti, l'immersione della donna nell'acqua equivale alla completa disconnessione da quella realtà claustrofobica vissuta tra gli interni ferrosi del cargo, elevando l'opera, che si sospende definitivamente in arterie boschive e metafisiche di reygadasiana memoria (la mano del ragazzino volta al cielo, durante il suo imbrunire). È la definitiva evocazione del ricordo/immagine, il trionfo di un linguaggio visivo/sensoriale che resiste, e che perdura, oltre lo schermo nero che accompagna i titoli di coda. In fin dei conti, come dichiarato dalla regista: "Il film nasce da immagini, atmosfere, da un certo stato psicologico del personaggio principale. Lo stato d'animo è la cosa che conta di più nel mio cinema."... inaffondabile!
link?? sembra interessante. Grazie"
RispondiEliminaNon c'è un link per questo film, mi spiace Sara.
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