22.3.16

Nelda

Piero Bargellini
Italia, 1969
4 minuti

Tra le opere che, attraverso uno spazio visivo percepito in prevalenza come uniforme, riescono a restituire efficacia all'inafferrabilità dell'assenza, spicca senza dubbio Nelda (visibile qui). Breve cortometraggio sperimentale realizzato in 16mm invertibile da Piero Bargellini, artista italiano pressochè sconosciuto (se non proprio nel circuito strettamente più underground del periodo), e morto a soli quarantadue anni, nel 1982, in seguito all'eccessivo stile di vita.
In Nelda, al di là dell'abbagliante luce che a frangenti ne inscrive alcune porzioni di spazio, di distintamente chiaro non vediamo, praticamente, quasi nulla; è un film che agisce sulla soglia della percezione, e l'occhio, per riuscire ad entrare in contatto diretto con il mondo reale del soggetto ripreso (una donna, avvolta in un silenzio di pensieri che a noi resteranno ignoti, tra le spoglie mura di un appartamento), deve essenzialmente oltrepassare quello strato di maculosa opacità che lo separa dall'astrattismo proprio di una pellicola volutamente alterata e consunta. Altresì è il buio, che intervallato ai lampi di luce sopra descritti, ne interrompe a intermittenza il flusso come il ricordo frammentario di una vita, scolpita in un'epoca che appare sempre più remota. Nelda, e le sue apparizioni (l'aura rilucente che ne evidenzia i contorni al suo passaggio, alla lettura di un libro, al piacere di una sigaretta), sembrano quindi delinearsi come lo spettro di una determinata realtà/età che il tempo ha finito per estinguere. Di effettivamente impresso e tangibile, però, resistono quegli intensi primi piani conclusivi sul volto, il cui sguardo comunicativo, per una frazione di tempo infinitesimale incrocia il nostro, demolendo così la patina dell'irreale che ne impediva la chiara osservazione; la diretta aderenza a quel silenzioso movimento di pensieri, spezzato solamente dal propagarsi del crepitio analogico sulla materia che li supporta.

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