David Cronenberg
Canada, 1996
96 minuti
Agghiacciante come il freddo delle lamiere che ne incidono lo svolgimento, Crash, è l'amplesso "necrofilo" della Nuova Carne; il suo rivolgimento, che trova nell'asettica meccanicità del corpo-macchina, la decisiva stimolazione alle pulsioni del corpo-carne, e alle sue deformazioni. Un film che turba profondamente per come riesce ad avvicinarsi in maniera così tangibile al lato più impenetrabile e morboso della natura umana.
Canada, 1996
96 minuti
Agghiacciante come il freddo delle lamiere che ne incidono lo svolgimento, Crash, è l'amplesso "necrofilo" della Nuova Carne; il suo rivolgimento, che trova nell'asettica meccanicità del corpo-macchina, la decisiva stimolazione alle pulsioni del corpo-carne, e alle sue deformazioni. Un film che turba profondamente per come riesce ad avvicinarsi in maniera così tangibile al lato più impenetrabile e morboso della natura umana.
Crash è una tappa fondamentale nella filmografia di Cronenberg, perchè se da un lato rappresenta lo zenit concettuale della prima poetica, dall'altro ne decreta inconvertibilmente la frattura (condizione che segnerà un determinato modo di fare cinema), attraverso la morte (e la contemporanea riformulazione) del sesso, e in generale di tutte le ossessioni che da sempre hanno fatto del canadese la propria cifra stilistica, raggiungendo con questo film, un perfezionamento/maturazione necessari al fine di poter sondare nuovi territori. L'automobile diviene il feretro degli istinti carnali, che cercano con esasperante affanno il proprio espletamento tra le lamine contorte dell'abitacolo, ancora pregno degli ultimi umori liberati dal corpo (fluidi seminali su vetri e sedili; la carne informe di un animale spiaccicato sulle portiere). L'organico soccombe quindi all'inorganico, e quelle stesse materie esanimi che in Videodrome (1983), iniziavano insidiosamente a produrre nel corpo cellule tumorali, trovano qui, nel metallo algente di Crash, la più compiuta metastasi. Tanto che in futuro, altre mutazioni prodotte dalla psiche, meno esplicite e più interiori, tracceranno il futuro percorso del canadese, lasciando affiorare in qualmodo cicatrici, seppur meno viscerali ed incisive.
Bellissimo, non c'è nient'altro da dire :)
RispondiEliminaEsattamente, anche perchè sul cinema del canadese oramai è stato detto tutto e di più... Peccato solo per gli ultimi lavori che, opinione personale, non eguagliano quelli del passato ;)
Eliminasono daccordo ^_^
EliminaD'accordissimo con te Frank. Cronenberg poi qui riesce in un'operazione notevole, ovvero trasporre senza alterarne la potenza il perturbante romanzo di Ballard; solo lui era in grado di farlo, a mio modestissimo parere.
RispondiEliminaConcordo con te sui lavori recenti del maestro Canadese, purtroppo. Per quanto io sia incline a considerare tutto sommato valido e interessante Cosmopolis, titoli recenti come A dangerous method e Maps to the stars hanno mostrato un Cronenberg davvero molto appannato. Speriamo in qualche guizzo futuro, un po' di fiducia ce l'ho.
Ciao :)
La capacità di trattare con materie letterarie non proprio di facile rivisitazione filmica, è senza dubbio una grande gualità di Cronenberg. Vedi ad esempio Burroghs per "Il pasto nudo" o DeLillo per il da te citato "Cosmopolis", anche se il ricordo di quest'ultimo mi lascia ancora perplesso (lo vidi solo ai tempi della sua uscita nelle sale, e diciamo mi annoiai abbastanza). Personalmente, tra i lavori del suo secondo periodo, ho apprezzato "La promessa dell'assassino". Sul meno riuscito invece, concordo anch'io per "A Dangerous Method": tematica molto interessante, però sprecata (assieme agli attori), per un risultato decisamente mediocre.
RispondiEliminaCiao Otis :)
Per quanto riguarda Cosmopolis, non so bene quanto sia merito di Cronenberg o di DeLillo – non avendo io letto il romanzo – l'averne apprezzato alcuni elementi. Però la reiterazione quasi ossessiva di alcuni elementi poi esasperata nel finale con il dialogo tra il protagonista e il personaggio interpretato da Giamatti mi aveva colpito in maniera positiva. Vero è che anch'io ho visto il film solo una volta e al cinema.
RispondiEliminaConcordo su "La promessa dell'assassino" e aggiungo che non riesco mai a capacitarmi di come una parte consistente di critica e pubblico gli preferisca il tutto sommato insipido "A history of violence".
"A dangerous method" l'ho visto davvero di recente, quindi ne ho un ricordo abbastanza vivido, e devo dire di averlo detestato. Anche visivamente, purtroppo, mi ha dato l'impressione di un prodotto televisivo neppure troppo curato. Non mi aspettavo una prova così deludente da Cronenberg, persino le sue opere più deboli sono decisamente più valide.
Visto che siamo in argomento, ti è mica capitato di leggere "Divorati" il romanzo di Cronenberg uscito qualche mese fa?
A presto. :)
In effetti "History of Violence" ha un'alta schiera di estimatori, molti dei quali lo considerano quasi un capolavoro. Mah, non riesco a comprenderne neanch'io tale osannamento, un film che indubbiamente ha i suoi meriti, ma che come giustamente fai notare è decisamente sottotono, considerato l'importante firma che porta. "A Dangerous Method" è senza dubbio inferiore (azzarderei, forse il peggior Cronenberg), ma alla fine non è che con HoV ci si discosti poi di molto, a modesto avviso.
EliminaNo, non ho ancora letto "Divorati", ma lo avevo annotato tra i libri da recuperare, incuriosisce!