22.5.14

Burrowing (Man tänker sitt)

Henrik Hellström, Fredrik Wenzel
Svezia, 2009
77 minuti

L'undicenne Sebastian vive con la madre in un elegante quartiere alla periferia di una città svedese. Con particolare ammirazione per le meraviglie offerte dalla Natura, trascorre parte delle sue giornate al contatto con essa, mentre i pensieri scivolano facilmente in precoci meditazioni filosofeggianti. E' solo un ragazzino, ma la sua attenzione è rivolta al mondo adulto che lo circonda: Jimmy, Mischa, Anders, osservati con diligenza nella loro quotidianietà abulica e della quale, Sebastian ci narra in prima persona...
Burrowing, termine che nella nostra lingua suona più o meno come "scavare", sembra formarsi con l'intento di destituire certo cinema contemplativo dei paesi nordici, di una sua prevalente mise-en-scène urbana (ad esempio Brownian Movement, Antares), scandagliando proprio nell'insofferenza generale di un'umanità (anche nel piccolo di un agglomerato periferico, come in questo caso) sempre più assuefata dal progredire industrializzato, per ricondurla ad una condizione di appagamento che possa evocare, se non altro, l'illusione di una libertà primigenia. E lo fanno, i registi Hellström e Wenzel, esibendo un quartiere che dalla sua accurata geometria di villette, posizionate sistematicamente a griglia, si possa avere comunque facile accesso a una dimensione puramente naturalista, quasi ancestrale, nella quale addentrarsi fino a raggiungerne la più completa consimiglianza. Ogni personaggio è mosso da un sentito desiderio d'estraniazione (esemplare la carrellata che percorre i vicinanti, semi-celati dietro le siepi che perimetrano i giardini delle loro abitazioni), e finirà con lo svanire percettivamente all'occhio di chi osserva; Mischa, in Svezia da trent'anni e dedito al romitaggio tra un giardino e l'altro, penetrerà letteralmente nel cuore centrale di quella Natura, pronta ad accoglierlo nella sua culla come un infante. Anders, che all'imbrunire ama correre per le vie che compongono quel reticolato di case e giardini (costantemente sorvolate da un dolly con andamento fluttuante) s'imbarcherà con la canoa in un lago i cui confini scompaiono all'orizzonte. Lo stesso lago, che nella suggestiva sequenza dell'immersione di Jimmy con l'inseparabile figlioletto, sembra fungere da elemento purificatorio a determinate "incurie" (il cambio di pannolini sull'asfalto, nel parcheggio del supermarket). Anche Sebastian, che nella sua veste di narratore appare svincolato dalle vite da lui osservate (eccetto la diretta interazione con la madre), affiora dalle acque a inizio film per farvi nuovamente ritorno nell'epilogo, quasi a simboleggiare una sorta di "depositario" di quel territorio costantemente ricercato da tutti, e che a conti fatti, può tranquillamente identificarsi come una realtà altra. Una Natura, che con i suoi corsi d'acqua (magistralmente esplorati nel loro placido riflesso crepuscolare) finisce così per rappresentare un "collettore" per le anime che si annidano in quest'opera carica di lirismo corale, dove anche le imponenti musiche di Erik Enocksson tra l'altro, dai toni tipicamente ecclesiastici, contribuiscono in maniera esemplare alla costruzione del pathos. Ipnotico e idilliaco!

2 commenti:

  1. Ne ho un ricordo davvero vago, e per di più soddisfacente: ricordo, per esempio, di averlo rubato alla Lenta Immersione, e di esserne stato come rapito, soprattutto esteticamente. A rileggere questa recensione, però, mi vengono in mente delle falle, come se qualcosa non funzionasse - e insomma che a rivederlo non mi rapirebbe più come prima: e il punto è che la trama non mi convince, cioè non credo che mi abbia convinto perché, di fatto, resta subissata - nella memoria, almeno - dall'estasi estetica di diverse sequenze. "Precoci meditazioni filosofeggianti" - mi sa che ci hai preso, o meglio, a memoria, è tutto quello che mi sovviene. Nel weekend lo rivedo, comunque.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai un'ottima memoria, altrochè. Si può dire che una trama vera e propria nemmeno esiste, c'è solo questa rappresentazione di una noia esistenziale che sembra avvolgere tutti i personaggi che circolano nel film, il quartiere stesso. L'aspetto interessante è che tutti cercano in qual modo di evadere da sudetta situazione, e il bosco, rappresenta lo sbocco ideale. Ovviamente, come giustamente ricordi, i registi puntano tutto su un reparto estetico da sogno, atto proprio ad "anestetizzare i sensi"... E' un viaggio, e la colonna sonora non fa che accentuare questa sensazione. Comunque a Slow è piaciuto parecchio, quattro stelle anche lui!

      Elimina