5.4.13

Woman in the Dunes (Suna non Onna | La Donna di Sabbia)

Hiroshi Teshigahara
Giappone, 1964
147 minuti


Affondiamo nelle distese sabbiose del tellurico cinema di Hiroshi Teshigahara, autore fortemente influenzato da un passato di importante formazione culturale, diviso tra le scuole artistiche e gli insegnamenti del padre, maestro dell'Ikebana che, nella cultura Zen rappresenta l'elegante arte di disporre i fiori. Partendo da questa disciplina, Teshigahara concepisce nel pieno degli anni '60 la cosidetta "trilogia slegata", un tris di pellicole che richiama esplicitamente una composizione floreale raffigurante la classica Triade Buddista: l'uomo (sò), il cielo (shin) e la terra (gyò), rappresentati rispettivamente in Face of Another (1966), Pitfall (1962) e questo Woman in the Dunes, vincitore del Premio Speciale della Giuria al 17º Festival di Cannes e che del trittico, costituisce senza ombra di dubbio l'apice.
Un entomologo attraversa una desertica zona costiera del Giappone alla ricerca di rare specie di insetti, sperando così di poter vedere un giorno il suo nome in un'enciclopedia. Al giungere del crepuscolo l'uomo viene avvicinato da alcune persone del vicino villaggio che, sconsigliandole di passare la notte all'aperto, lo conducono alla capanna di una donna, situata in fondo ad una depressione sabbiosa e raggiungibile solamente con una scala di corda. Al mattino l'uomo si accorge che la scala è stata rimossa, realizzando ben presto di essere stato tratto in inganno...
Innanzitutto, metafora politica dell'uomo piegato al potere dominante, messo sotto stretto controllo e annullato del proprio volere. Da osservatore dell'universo microscopico, il protagonista diviene egli stesso particella infinitesimale della natura circostante, un granello di sabbia perfettamente integrato nell'ingranaggio di una nuova condizione esistenziale. Anche le sferzate metalliche dell'ossessivo reparto musicale composto dal fidato collaboratore Toru Takemitsu, contribuiscono ad aggravare la fragilità emotiva. Sul perchè di tale prigionia non ci sono chiarificazioni significative, eccezione fatta per quelle poche parole che la donna pronuncia dopo l'ennesimo tentativo di fuga dell'uomo ("una donna sola ha bisogno di un uomo al suo fianco"), braccato al chiaro di luna e intrappolato nelle sabbie mobili da cui verrà estratto "come una radice"!  Ma chi sono in realtà coloro che hanno gettato l'entomologo nella fossa? E perchè la donna, pur nutrendo un grande desiderio verso la civiltà moderna (vorrei ascoltare la radio per sapere cosa succede a Tokyo) non trova il coraggio di fuggire da quel luogo? Le risposte restano sommerse dalla terra... 


E come si diceva; (gyò), la terra, è l'elemento primario e simbolico che sporca l'intera pellicola, ed è la sabbia, che avvolge qualsiasi cosa trascinando il protagonista giù per le dune ed inghiottendolo nella voragine dell'assillo, in costante lotta tra il continuo desiderio di libertà (pensiero che nel finale viene quasi del tutto abbandonato) e la passione che con il tempo, inaspettatamente cresce nei confronti della donna. I dettagli dei volti e dei corpi, ripresi in primissimo piano con asfissiante esplorazione dei pori epidermici, trasudanti come i lombrichi che popolano gli anfratti più umidi dell'abitazione/trappola/alcova.
Le bocche assetate in attesa della razione settimanale d'acqua, visioni di un'oasi ristoratrice nell'oceano sabbioso e poi gli sguardi, che si cercano fino alla consapevolezza di essere carne all'interno di quel macrocosmo franoso, animi in tumulto scossi dall'ennesimo sisma.
E l'esplosione dei sensi trova sfogo e compimento in quell'amplesso che è memorabile sequenza manifesto, punto culmine di una forza espressiva tale da provocare smottamenti terrigeni in perfetta simultaneità con l'orgasmo; e ancora una volta la sabbia, penetrante ed invasiva, fluisce come sperma dalle pareti del cratere avvolgendo quei corpi avvinghiati, infiltrandosi attraverso orifizi fisici e mentali, mutando la concezione temporale, devastando il pensiero e modellandolo al proprio potere dilagante.(1)
"Il seme della follia" ha fecondato; l'abbandono della donna da quella fossa è l'occasione giusta per una ritrovata libertà. La scala di corda questa volta è lì, uno sguardo verso l'orizzonte... Ma non c'è fretta, c'è ancora tempo per fuggire...

(1) Parafrasando un articolo di Senesi Michele Man Chi (Hiroshi Teshigahara - la folle visione - nocturno n°77)

16 commenti:

  1. Bellissimo film, inquietante, misterioso. Non conosco gli altri film che compongono "la trilogia slegata", vedrò di rimediare.
    Ho, però, letto i libri di Kobo Abe, in cui il protagonista è sempre un uomo che si crea da solo una gabbia, una prigione mentale, da cui poi è difficile liberarsi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Invece io non ho letto i libri, ero comunque a conoscenza della collaborazione di Teshigahara con Abe. Della trilogia questo è il migliore, ma anche Face of Another si piazza bene, il più lieve è senz'altro Pitfall.

      Elimina
    2. Stai parlando di "The Box Man" (L'uomo scatola), immagino... Me ne avevano parlato in un commento nel mio blog tanto tempo fa. Ho sempre desiderato leggerlo ma sembra proprio che sia ormai introvabile....

      Elimina
    3. Sì è quello, me lo ha consigliato bombus e mi ero ripromesso di leggerlo. E' un vero peccato che non si trovi più :(

      Elimina
  2. Recensione bellissima, molto convincente. Stasera guardo il film (appena recuperato) e ripasso per commentarla.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, sono contento che tu abbia apprezzato. Attendo con curiosità anche le tue opinioni!

      Elimina
    2. Gran film!! Ora voglio leggere Kobe.

      Mi è piaciuto molto, ma mentre lo guardato mi è sembrato troppo troppo fuggevole: per l'intera durata, l'ho trovato un film molto simbolico e simboleggiante, ma alla fine, ora, a ripensarci, lo vedo più come un qualcosa di "esistenzialista", forse con qualche simbologia all'interno, ma non improntato su questa quanto, piuttosto, sulla vita, l'esistenza in senso lato, il desiderio di libertà e, tutto sommato, la tranquillità di una prigione quando subentra l'abitudine.... ma sono ancora troppo "a caldo" per squadernare un discorso serio in proposito. La recensione, al contrario, ci prende appieno.

      Elimina
    3. Guarda, è la stessa impressione che ho avuto quando l'ho visto la prima volta. E come giustamente dici, "a caldo", dopo una sola visione, penso sia un pò faticoso trarne immediatamente una lettura importante, sei già stato bravissimo nell'esporre questa tua breve analisi. Tanto per dirti, ho dovuto ripassarmelo tre volte prima di scriverne qualcosa e solitamente faccio sempre così, tranne casi molto rari.

      Elimina
  3. Sabbia. Sabbia. Nient’altro che sabbia. Sabbia che entra nei calzini, sabbia che insinua tra le pieghe della pelle, sabbia negli occhi e sotto la lingua. Sabbia. Sabbia. Sabbia. Paesaggio ostile, crudele, deforme. Sabbia, inconsistente nella sua unità di misura infinitesimale, ma mostruosamente consistente nella sua interezza. Dune di sabbia, instabili e soggette ai capricci del vento ma anche muri inamovibili, prigioni angoscianti, addirittura ossessive nella loro maestosità.
    Avevo recensito questo film più o meno un anno fa sul mio blog. Il film l'ho visto e rivisto. Il libro è anche meglio, anche se rispetto al film, il finale taglia corto più rapidamente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti avevo letto :) Hai fatto un lavorone enorme, una disamina eccellente. I più vivi complimenti davvero!
      E ho letto anche il tuo articolo su Face of Another, questo però devo rivedermelo non appena riesco a trovare uno stralcio di sottotitoli in italiano...

      Elimina
    2. Anch'io devo vederlo, spero al più presto. I sub però li ho trovati, http://www.asianworld.it/subrisultato.php?id_subq=1924

      Elimina
    3. Bombus, sei un grande! Tempo indietro controllavo spesso se avevano aggiornato, ma inutilmente... Revisione d'obbligo allora in settimana assieme a Le Armonie di Werckmeister.
      Grazie mille :)

      Elimina
    4. Non posso che ricambiare i complimenti. Hai messo in piedi un blog avvero fatto bene, sia a livello grafico sia a livello di contenuti. Sono davvero rari i posti di cui si può parlare di quel cinema che esce un attimino dai soliti canoni. Ho notato alcune cose interessanti anche nel tuo blogroll, a partire dal blog di Bombus che sembra essere molto promettente...

      Elimina
    5. E' vero, impervie ardue visioni è un blog che ti consiglio, anche lì trovi parecchi titoli rari e interessanti. E' un piacere condividere con persone come te, che apprezzano quel cinema che come dici giustamente, esce dai soliti canoni.
      Mi hai ricordato invece che non ti avevo ancora aggiunto alla blogroll, rimedio all'istante e grazie a per i tuoi interventi!

      Elimina
  4. Lo sai che dopo aver letto questa rece, ho subito comprato il dvd a scatola chiusa. Sembra proprio il tipo di film che potrei amare alla follia! Dopo averlo visto, torno qua, promesso :-)
    intanto, grazie mille!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Addirittura! Devo aver usato parole veramente convincenti allora :) Comunque non sapevo che l'avessero distribuito in dvd anche da noi, sono andato a controllare ed è anche a un buon prezzo. Peccato che il lavoro fatto sulla copertina però è a dir poco indecente, sullo stile del dvd italiano di Solaris, per intenderci. Qualitativamente, non ci sono paragoni con le storiche edizioni rilasciate dall'americana Criterion collection... Classe!

      Elimina