20.3.13

La Influencia

Pedro Aguilera
Spagna, Francia, Messico, 2007
82 minuti


"Non m'interessa la vita di città o la classe medio-alta. Ciò che m'interessa è la piccola borghesia e il disagio che questa vive nella società odierna... Il mio scopo è quello di ottenere l'autenticità più vera. Se voglio raccontare la storia di un vagabondo, cercherò di trovare un barbone, o una persona che abbia vissuto un'esperienza simile... Gli errori di recitazione o dizione non m'interessano, perchè voglio che un'interpretazione sia la più naturale possibile. Capisco e rispetto il lavoro degli attori, ma dal mio punto di vista è molto più interessante lavorare con gente di strada, almeno capisci che non sta mentendo." - Pedro Aguilera -
Lasciare che la vita si spenga lentamente. Sprofondare nell'abisso dell'apatia, sprofondarne senza riuscire ad ancorarsi più a niente, neanche all'amore verso i propri figli, fino ad un silenzioso e fatale destino...
La Influencia, angosciante esordio del promettente Pedro Aguilera, già assistente alla regia di Carlos Reygadas (co-produttore quì) per Battaglia nel Cielo (2005), ritrae la vita di un piccolo nucleo famigliare nella periferia di Madrid, composto da una madre (Paloma Morales) e i suoi due figli, concentrandosi sulla figura materna e rivelandone tutta la sua fragilità. All'inizio del film vediamo la donna che si accinge ad aprire il suo negozio di prodotti estetici e già, il contorto rumore della saracinesca che si alza, è presagio disturbante di una personalità in fase di cedimento. La difficile situazione economica e l'assenza di una vita sociale e famigliare soddisfacente, opprimono la donna fino a che, confiscata dei beni, si ritrova costretta a chiudere il negozio. Incapace di far fronte ai problemi incombenti (tra cui le rate dell'affitto e la retta scolastica), la donna scivola lentamente attraverso quel lungo e buio tunnel chiamato depressione.
Aguilera dimostra di aver bene appreso la lezione del suo maestro e con determinata convinzione, realizza una pellicola ben salda alla sua linea di appartenenza, oltrepassando la soglia dell'essenzialismo, dove tutto viene sottratto. Il regista segue l'irreversibile decorso della malattia attraverso momenti di banale quotidianietà, esalatandone i dettagli con gelido rigore che ricorda molto da vicino sia Il Settimo Continente (1989) di Haneke, sia Jeanne Dielman (1975) di Chantal Akerman. Con lo scorrere dei minuti, lo spazio esterno si riduce progressivamente e il campo d'azione si concentra tra le mura di casa, involucro del deterioramento psicofisico e materiale (il disordine che si accumula giorno per giorno, i giochi dei figli con colori e pennelli). Dall'aria salubre respirata durante l'ultima gita in montagna si passa a quella soffocante della camera da letto, luogo constantemente avvolto dalla penombra che, nella fase avanzata del declino, la cinepresa scruta quasi con timore nello svelare qualsiasi gesto o dettaglio oltre il minimo necessario. Il corpo della protagonista è celato sotto le lenzuola, visibile solamente agli occhi della figlia più grande, ma nascosto quasi completamente a quelli dello spettatore fino al sorgere dell'alba, che in totale silenzio illumina la stanza svelandone la cruda realtà. Quel che avviene successivamente, "il viaggio conclusivo", imbocca una direzione alquanto ambigua; ma di certo è, che la fuga in auto dei due ragazzini (liberi dall'asfissiante prigione quotidiana o inconsapevoli della verità?) contro il muro dell'incognito e quella risata finale, inquietano e non poco!

6 commenti:

  1. Hai ragione, davvero un bel film. Crudo e angosciante. Forse anche troppo. Il successivo, Naufragio, non mi ha convinto molto, ma forse dovrei rivederlo. Non era la giornata adatta.

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    1. Sono d'accordo. Su Naufragio qualche dubbio resta pure a me, anche se a mio avviso i due film si equivalgono. La differenza è che questo arriva più diretto allo stomaco. Naufragio invece necessita giustamente di un approfondimento maggiore.

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  2. sembra molto interessante!

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    1. Giusto per restare in tema con i tuoi recenti post sulla trilogia di Haneke, poi sarò curioso di sapere cosa ne pensi.

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  3. Recupero recupero recupero!

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    1. Approccio arduo se non si è avvezzi ad un cinema totalmente improntato al minimalismo. In caso contrario... recupera ;)

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