20.1.14

Buenas Noches, España

Raya Martin
Spagna, Filippine, 2011
71 minuti

"La mattina del 25 ottobre 1593, un soldato filippino di stanza a Manila, apparve improvvisamente a Città del Messico."
 
Traendo ispirazione da quanto riportato qui sopra (uno dei più antichi resoconti sui fenomeni di teletrasporto), il giovanissimo Raya Martin (classe 1984) ma già considerato tra i maggiori e più eclettici artisti della cinematografia filippina, catapulta la coppia protagonista nel finale di Buenas Noches, España all'interno di un paesaggio surreale e sconfinato.

Una dimensione "astrale" composta da rocce, acqua, detriti di fango (immancabile la pioggia che bagna il terreno, come nei film del connazionale Lav Diaz) per poi farli scomparire con un balzo verso l'alto, in direzione di quella Luna, intenzionalmente omaggiante il Viaggio di Méliès, che sembra ridisegnarsi nel bianco dell'ultimo fotogramma. Un black-hole che è il corrispettivo del nero invadente della schermata iniziale, dalla cui profondità, all'opposto, si schiudono i bagliori intermittenti generati da uno schermo tv; solamente che siamo noi, il tubo catodico che inghiotte la coppia seduta sul divano mentre un'ipnotica sincope sonora prende forma, accompagnado(ci)li in direzione di un viaggio psichedelico e in parte, continuativamente memore della storia del colonialismo. A differenza però di film come Short Film About the Indio Nacional (2005) e Independencia (2009), chiaramente intenzionati a rielaborare attraverso un linguaggio da cinema muto il passato delle Filippine, questa volta risiede nella capacità dello spettatore individuare (per quanto possibile) la traccia storico/politica, che percorre ipogea, almeno fino all'addentrarsi dei protagonisti tra le stanze del Museo d'arte contemporanea di Bilbao, luogo espositivo delle opere di Juan Luna (il più importante artista filippino della rivoluzione) e della loro successiva estasi di fronte a un quadro che, tra lacrime di profondo trasporto, sembra sospenderli nel vuoto il tempo necessario per quel balzo temporale che li rivedrà catapultati in un ipotetico Messico, nel silenzioso finale. 


Al regista, interessa virare (in tutti i sensi) verso i lidi dell'alterazione percettiva legata all'uso delle droghe (1) e lo fa, avvalendosi di tutto quell'apparato tecnico (graffiature, sovrapposizioni/esposizioni, bruciature, cromatismi, e quant'altro) atto a trasformare Buenas Noches, España in un autentico film avant-garde; una psichedelia cromatico/sonora (eccetto l'ultima scena, nessun fotogramma mantiene il suo colore originale, virando costantemente tra l'alternanza di colori primari accompagnati da un incessante noise di chitarra elettrica) audacemente vintage che sembra riemergere direttamente dalle allucinanti elaborazioni di un Stan Brakhage, o di un Frans Zwartjes il quale, tra l'altro, sembra materializzarsi figurativamente nella sequenza dell'incursione della coppia all'interno di un bosco, intenta a contemplarne la natura/spazio (come lo spazio geometrico in Living). Segmento da cui traspare già quell'assenza, quel vuoto che si completerà nell'epilogo dove la deframmentazione acustico/visiva che ha imperversato fino a quel momento, svanisce di colpo ricomponendo un'immagine a suo modo stabile e per questo, privata della sua cromaticità convulsa. E' un processo, quello di Martin, che rimanda in parte a quanto già iniziato con Now Showing (2008) e nel quale, Buenas Noches, España, s'interpone come tassello centrale; una continua ed insistita smaterializzazione, e riformulazione dell'oggetto video, destinata a trovare perfetto compimento nell'opera definitiva, La Ultima Pelìcula.

(1) "Mi servo spesso del concetto percettivo legato all'uso delle droghe per spiegare i passaggi tra una scena e l'altra, il flusso di immagini che si viene a creare... Certi film dovrebbero funzionare così, proprio come delle droghe."
- Raya Martin

13 commenti:

  1. Neanche 30 anni ma in grado di sfornare film che, da quanto sostenete (tu e yorick), sono dei veri capolavori
    Metto in lista, ovviamente. in cima alla lista. Grazie!!

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    1. Spero che tu possa apprezzarlo almeno in parte, perchè ti avviso che qui non c'è narrazione, è a tutti gli effetti un film "sperimentale"... A ogni modo mi saprai dire!

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  2. Domani lo vedo, quindi ripasso per un commento più sostanzioso. Certo è che Raya Martin sta facendo un lavoro sul corpo-cinema davvero impressionante, stando almeno a "Now showing" e da quello che scrivi a proposito di quest'altro qui. Sono curioso di vedere come si evolverà il discorso, visto che ciò che emerge da "La ultima pelicula" è la morte del cinema (e non solo).

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    1. Questo è senza dubbio più audace di "Now Showing", nel senso che il lavorio effettuato sul video è totale. Dal mio punto di vista "La Ultima Pelìcula" è la fusione perfetta dei due film precedenti e comunque, rimarrà una porta aperta da cui ormai ci si può aspettare di tutto, visto l'ecletticità di Martin.

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    2. Ho lasciato che passasse la notte per scrivere un commento degno di questo nome, ma a quanto pare è ancora troppo poco: hai ragione quando dici che questo film è più audace di "Now showing", ma è proprio per questo che, a ripensarlo, il film, rimango ancora afasico, perché BNE è davvero oltre: oltre la psichedelia che lo permea, la nostalgia che lo macchina, la storicità (chiamiamola così) che lo struttura. E il punto, secondo me, è questo: succedono davvero un miliardo di cose nel corso di un film che sembra palesarsi come immoto, e i protagonisti sono sempre in movimento - camminano, guidano, ballano (?)... stanno forse morendo? Hai perfettamente ragione a parlare di smaterializzazione, deframmentazione e geometrizzazione, e io ho come il sospetto che sia qualcosa, quel finale, che riconduce ineluttabilmente alla morte: il luogo finale in cui finalmente i due stanno fermi sembra una sorta di limbo, svanisce il suono-vita e il sole (è un sole?) calante diventa nero (6, 12). Magari è un'interpretazione fallace, non so - è davvero una botta 'sto film, e hai fatto davvero bene a non ridurre la sua carica eversiva con facili spiegazionismi. Ciò che è certo, a ogni modo, è che Raya Martin è davvero il Cristo del cinema.

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    3. Grandissimo commento invece, e non avevo dubbi che anche questo filmone del filippino potesse entusiasmarti. Hai ragione, quel finale è veramente portentoso, qualcosa che ti si imprime inevitabilmente in testa (ero quasi tentato a darle un cinque su Mubi) nonchè un varco per una miriade d'interpretazioni. Sinceramente non avevo pensato all'ennesimo discorso sulla fine/morte e la tua ipotesi non la trovo poi così fallace anzi, potrebbe rafforzare quel concetto continuo di "disgregazioine e rigenerazione" su cui Martin insiste e quindi il collegamento con le altre due opere (specialmente con LUP). Solamente che secondo me quella palla nera nell'ultimo fotogramma non è il sole, ma è proprio la luna (visto il riferimento abbastanza palese con Mèlies - le origini del cinema se ci pensi - dunque ritorna il processo di scomposizione/ricomposizione del mezzo cinematografico) che in questo caso, prendendo per buona la tua interpretazione, è oscurata dal sole: un'eclisse quindi, che volendo potrebbe anche essere un'apocalisse ma momentanea, intesa come la fine di ciclo, perchè si risolverebbe nel nero dell'incipt stesso (una sorta di palindromo) da cui verrà successivamente riformulato tutto ("La Ultima Pelìcula")....

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    4. Orpo, vero - la luna! Il riferimento a Méliès è azzeccatissimo, il sole c'entra relativamente, hai ragione.

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  3. Anonimo01:08

    A me la storia sembra piuttosto semplice: due ragazzi si incontrano, si amano, vanno sulla Luna. Stop.

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    1. Bene, evviva la libertà d'espressione. Ora ci sentiamo soddisfatti?

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  4. Anonimo01:54

    Non mi pare ci siano particolari corrispondenze con Now showing, se non appunto questa comune riflessione sul linguaggio (da sottolineare, in Buenas Noches, il modo in cui viene trattata la componente sonora...). Qui ci troviamo di fronte a un film dichiaratamente sperimentale, d'avanguardia (se vogliamo anche di "genere")...lì, in Now Showing, di fronte a un film di impianto documentaristico, in bilico tra realtà e finzione: un lavoro sul (e con il) reale (con qualche graffio meta-linguistico).
    Più in generale credo che i film di Martin debbano essere trattati come unità indipendenti, senza cercare troppi rimandi, riflessi, legami. Non mi sembra uno che torna sulle stesse cose ecco...

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    1. A me sembra che alla fine della fiera stiamo ripetendo più o meno quanto ho già scritto. Non ci sono particolari corrispondenze, è vero, e infatti ho scritto (rimanda "in parte") ma questo non toglie che al di là degli stili, e quindi dello sperimentalismo (e l'ho affermato) di "Buenas Noches" o dell'impianto semi-documentaristico/contemplativo di "Now Showing", il processo effettuato sull'immagine (compreso il suono, che mi pare comunque d'aver sottolineato) sia pressochè simile. Come si sviluppa "Now Showing"? Con una progressiva evoluzione della qualità video (da quella VHS al digitale; dal 4:3 al 16:9) corrispondente allo scorrere della vita e ai ricordi della protagonista. Poi, che Martin non torni sulle stesse cose ("How to disappear completely" è un esempio, e di "genere" tra l'altro, come fai notare), e che i suoi film siano da trattare individualmente posso anche condividerlo. Mi sono basato esclusivamente su quanto visionato finora del regista ma nel caso delle pellicole qui citate, un minimo di rapporto mi sembra innegabile e se avrai occasione di vedere anche "La Ultima Pelìcula", credo tu possa rivalutare almeno in parte il discorso.

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  5. Risposte
    1. Mi era sfuggito questo commento. In effetti ho faticato anch'io... prova via terra ;)

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