19.5.13

Watchtower (Gozeltme Kulesi)

Pelin Esmer
Turchia, Germania, Francia, 2012
96 minuti


Il nuovo cinema turco è una delle realtà più interessanti dell'ultimo decennio, vera e propria fucina di talenti in continua crescita, autori che hanno saputo distinguersi attraverso storie di quotidiano realismo, sfoggianti tutto il loro fascino, tra ambientazione (notevole la fotografia dai colori accesi che si può riscontrare nella maggior parte di queste produzioni) e cultura popolare, ma anche trascendendo, occasionalmente (vedi Erdem o Kaplanoglu), in immagnifici territori metafisici (Kosmos / Sut). Senza bisogno comunque di dover oltrepassare la soglia del razionale, possiamo aggiungere alla lista Pelin Esmer, nata ad Istanbul nel 1972 e già nome di un certo rilievo all'interno dei circuiti festivalieri, dove si è portata a casa una discreta manciata di premi grazie anche a questo Gozeltme Kulesi, seconda incursione nel cinema di finzione al di fuori dell'ambito documentaristico con cui ha iniziato la carriera.
C'è innanzitutto una nota degna di curiosità per quanto riguarda l'idea alla base del concepimento della storia; i continui viaggi di lavoro percorsi in autobus dalla regista attraverso le varie zone della natia Turchia, accompagnati dalle voci delle hostess che sistematicamente, informano i passeggeri su tappe, luoghi e orari, offrendo loro bicchierini di tè nero. Partendo proprio dall'ascolto delle voci di queste donne, Esmer si interroga sulla loro vita individuale e sui destini che involontariamente possono incrociare quelli dei passeggeri. Ne nasce ancora una volta un'intensa rappresentazione di due vite che corrono parallele, segnate da segreti e sensi di colpa, in fuga e decise ad isolarsi da quella Istanbul, teatro di un passato che intendono al più presto dimenticare; Nihat, ha accettato un incarico come guardiano antincendio, Seher fa la hostess su un autobus a lunga percorrenza. "Situazione normale", è la frase che quotidianamente Nihat pronuncia attraverso il suo walkie-talkie, per indicare che le foreste circondanti non sono in pericolo d'incendio. Ma le fiamme divampano nell'animo, quelle di un tormentato rimorso per la tragica perdita di moglie e figlia in un incidente d'auto, mentre Seher, cela uno scandalo nel suo ventre, il pesante segreto di una gravidanza che non vuole accettare. Entrambi si sono rifugiati in luoghi isolati; lui, nella torre di controllo, occhio imperante sul paesaggio montuoso, osservatore della vita sottostante. Lei, intenta a sgravarsi nella spoglia camera della stazione degli autobus, ricettacolo amniotico di quel fardello opprimente, ora pronto a defluire dal suo corpo. Ma le strade di Nihat e Seher sono destinate a convergere e la scelta della solitudine lascerà cautamente spazio ad un aiuto reciproco, al tentativo di rifarsi una nuova vita, lì, tra le foreste nebbiose, lontani dall'ambiente urbano.
E' evidente lo stile documentaristico che ha influenzato i trascorsi della regista; una messa in scena prosciugata, un racconto che si sviluppa con accurata sottigliezza, ma diretto nello sviscerare, onestamente e senza timori, nel profondo silenzio che avvolge la famiglia di Seher, svelandone una cruda realtà che purtroppo, come spesso accade, si nasconde all'interno di quei luoghi che crediamo più sicuri. Ma Esmer, ci delizia anche con un paio di incisivi momenti (la sequenza del parto e lo scontro/litigio dei due protagonisti nel finale) che si abbattono (letteralmente) con fulminea potenza, fendendo la composta ordinarietà dello svolgimento e su cui, è obbligatorio sottolineare infine la magistrale bravura dell'attrice di teatro Nilay Erdonmez (quì alla sua prima esperienza cinematografica). Una Seher ai margini del crollo nervoso e figura, che a tratti, esuma gli isterismi metropolitani di Isabelle Adjani nel zulawskiano Possession.

7 commenti:

  1. Ah, la Turchia! Mi ricordo quando sono andato a visitarla, cioè a far tappa lì. Una cosa noiosissima, bazar pieni di gente e cose noiosamente simili. La Turchia turistica, insomma. L'altra, la Turchia turca, quella autentica, l'ho vista solamente in alcuni film, che mi hanno fatto venir voglia di tornarci in vesti diverse da quelle del solito turista occidentale curioso solamente delle diversità. Il suo cinema, lo conosco poco, ma bombus ne parla un gran bene (gran turchi, dice): a me continua a sembrare terribilmente triste, ma triste in maniera opprimente, insopportabile. C'è da dire, però, che tra tu e lui mi fate venire una gran voglia (oltre che farmi sentire un completo ignorante in materia) di approfondire cinematograficamente questa nazionalità. Io, per ora, devo ancora vedere tutto d'un fiato "Our (great? grand? graind?) despair".

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    1. Ultimamente la Turchia mi ha sedotto, mi affascina, non è molto che seguo la sua cinematografia, ma quello che ho visto finora l'ho trovato altamente suggestivo. Al contrario di te, sono entrato subito in sintonia con il loro modo di concepire un certo tipo di cinema. Io penso che il tuo faticoso approccio sia il corrispettivo del mio nei confronti di molto cinema dell'estremo oriente, ricordi?

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    2. Sì, ricordo, anche se, a dire il vero, io ho un'interpretazione diversa: tu, quantomeno, conosci i registi orientali, cioè conosci il buon cinema orientale (zio Boonme etc.), mentre io di 'sti turchi conosco poco niente >.<

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    3. Guarda, ti voglio indirizzare di botto su qualcosa da cui potresti trarne appaganti spunti per le tue disamine: Kosmos (2009) di Reha Erdem. Immedesimati come se dovessi guardare per la prima volta Hors Satan, perchè, a mio avviso Kosmos è l'apice di Erdem e non è nemmeno da sottovalutare una certa affinità (attraverso la figura del protagonista) con il capolavoro dumontiano.
      Dovrebbe piacerti sicuramente!

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    4. Grazie! Appena finisco di dare gli esami lo guardo e torno per commentarlo.

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  2. Un doppio grazie: il primo perché non ne avevo mai sentito parlare, il secondo perché è un film turco e per di più girato da una donna. Che meraviglia! Spero ci siano i sottotitoli in italiano.
    Sono d'accordo nel giudicare Kosmos l'apice della filmografia di Erdem. Un film visionario, affascinante, da rivedere più volte per assaporarne in pieno i significati.
    Recentemente ho visto una "commedia" turca molto ben fatta (anche se classica e non troppo innovativa) "Dedemin insanlari".(questo per "smentire" Yorick, che pensa che i film turchi siano deprimenti)
    Di Kaplanoglu ho visto soltanto "Bal", quale altro film mi consiglieresti?

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    1. Grazie a te! Questo lo avevo individuato nella programmazione dell'ultimo Rotterdam Film Festival, dunque è proprio fresco, purtroppo niente sub ita, solo english (dovremo cominciare a farci l'abitudine).
      Reha Erdem l'ho scoperto con Hayat Var e penso sia stato il primo film turco che ho visto... attrazione immediata. Kosmos poi, è stata una folgorazione alla pari di Hors Satan, entrambi da rivedere assolutamente, al momento giusto arriveranno su queste pagine.
      Pure io ho avuto occasione di apprezzare molto una commedia dai tocchi surreali (sempre di Erdem tra l'altro) "Korkuyorum Anne" e sinceramente concordo con te, a differenza dell'amico Yorick, non trovo che il cinema turco sia deprimente, o almeno, non in misura maggiore ad altri film di certi paesi dell'est europa.
      Bal è l'ultimo capitolo di una trilogia che narra la storia di Yusuf, però realizzata a ritroso, è quello in cui ci viene mostrato Yusuf da bambino. Gli altri due sono: Sut - Miele (l'episodio centrale, Yusuf da adolescente) e Yumurta - Uova (il primo, Yusuf da grande). Meritano tutti e tre, anche se forse Sut è quello che ho preferito.

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