8.5.13

Hunger

Steve McQueen
Uk, Irlanda, 2008
92 minuti


"Verrà il giorno in cui tutta la gente d'Irlanda potrà mostrare il desiderio di libertà. Sarà allora che vedremo sorgere la luna »
(The diary of Bobby Sands) Maze, NordIrlanda, 1981.

Antefatto
Irlanda del Nord, 1981
Dal 1969 sono state uccise 2187 persone nei Disordini.
Il governo inglese ha abolito lo status di prigioniero politico a tutti i reclusi paramilitari.
I repubblicani irlandesi iniziano le proteste "della coperta" e "dello sporco" nella prigione Maze.


Parte 1
Non esistono omicidi politici, attentati politici o violenze politiche.
Esistono solo omicidi criminali, attentati criminali e violenze criminali.
Ciò non sarà mai oggetto di compromesso.
Non ci sarà nessuno status di prigioniero politico.

Parte 2
Posti dinnanzi al fallimento della loro causa screditata, gli uomini di violenza hanno scelto negli ultimi mesi di giocare quella che potrebbe anche essere la loro ultima carta. Hanno rivolto la loro violenza contro loro stessi attraverso uno sciopero della fame fino alla morte dei detenuti.
Cercano di far leva sulla più fondamentale delle emozioni umane: la pietà, come mezzo per creare tensione e alimentare il fuoco del rancore e dell'odio.

Conclusione
Bobby Sands morì dopo 66 giorni di sciopero della fame.
Durante quei giorni, fu eletto membro del Parlamento Britannico per le contee di Fermanagh e South Tyrone.
Dopo 7 mesi lo sciopero fu annullato. Altri 9 uomini erano morti.
16 secondini furono uccisi dai paramilitari durante le proteste "della coperta" e "del sapone".
Nei giorni e nei mesi seguenti il governo britannico soddisfò in sostanza tutte le richieste dei prigionieri ma senza nessun riconoscimento formale di status di prigioniero politico.


Il film che ha lanciato Michael Fassbender come nuova rivelazione (oggi uno degli attori più acclamati di Hollywood), aggiudicandosi il premio all'European Film Awards e che ha consacrato la coppia Fassbender/McQueen (Shame, 2011), Camera d'Or come miglior opera prima a Cannes 2008.
Hunger narra la straziante storia degli ultimi giorni di prigionia di Bobby Sands, leader del movimento per l'Irlanda indipendente e repubblicana che mette in atto un mortale e irreversibile sciopero della fame. Fassbender sà mettersi in gioco oltre il limite; come in Shame, il corpo e il volto devastati (in Shame dalla tormentata ricerca del piacere e qui dall'inedia) spaccano lo schermo costringendo lo spettatore a immedesimarsi con la sofferenza del protagonista. McQueen dirige il tutto con estremo rigore, scegliendo la strada improntata ad un minimalismo che spazia, procedendo, attraverso il fradicio e corrotto tunnel carcerario, marcescente come i muri delle celle imbrattati di escrementi. E giunti a metà del percorso, ecco che irrompe quell'interminabile dialogo (ben 11 minuti di piano sequenza fisso) che piomba come un'irreversibile condanna a morte. Una scelta radicale, una scissione che delinea la vita di Bobby e che lo conduce verso un lucido sacrificio. Gli ultimi minuti, quando il suo martirio raggiunge la fase terminale e la mente riflette la sua infanzia, sono i momenti più crudi, ma anche i più indimenticabili, grazie ai fluidi movimenti di camera e dissolvenze, che dalla stanza dell'agonia sfociano nelle campagne irlandesi, dove Bobby da ragazzino corre in mezzo al bosco. Attimi di grande cinema che McQueen, proveniente dalle videoinstallazioni e da un passato all'insegna della sperimentazione, dimostra di gestire con perfetta maestria. Un film duro e violento, questo è certo, ma sicuramente uno dei più profondi e riflessivi che l'Inghilterra ha sfornato in questi ultimi anni. Solo per animi forti.

18 commenti:

  1. Tosta la prima parte, complimenti! Fassbender non mi piace, però il film parrebbe promettere bene, almeno da come ne parli.

    Piccolo off-topic, domani vai a vedere "Post tenebras lux", cioè dalle tue parti lo danno? Perché qua a Torino mi sa che mi tocca andare in bianco :(

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    1. Diciamo che non è il Fassbender a cui si è abituato il grande popolo :) Quì è abbastanza irriconoscibile, soprattutto nel finale credimi. Per quanto riguarda il film non saprei cosa dirti, forse potresti trovarlo pesantuccio, da parte mia ho apprezzato molto lo stile asciutto con cui si esplora un tema, quello sulle rivolte carcerarie, che aldilà del fatto reale, è stato abbondantemente sfruttato.
      off-topic: volevo scrivertelo oggi, l'uscita di PTL è slittata alla prossima settimana, 16 maggio salvo altri intoppi :(
      Intanto sabato serata commerciale dai, vado a vedermi il remake de La Casa... Pura curiosità!

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    2. Incuriosisce anche me, quindi se infarti il blog con una recensione su quel film te ne sarò più che grato :D

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    3. E' già in programma, anche se prima di ieri sera non era mia intenzione farlo... Ma ti avverto che non sarò clemente :)

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  2. è un film sconvolgente, sia per la sostanza che per le scelte registiche, sembra un film freddo, ma c'è il magma, sotto.

    quel dialogo fra il prete e Bobby Sands è vertiginoso.

    come Che Guevara, il giorno in cui l'hanno ammazzato, anche Bobby Sands, a letto, col lenzuolo, mi ha ricordato il Cristo di Mantegna

    ci sono poi tanti dettagli che aggiungono grandezza a grandezza, il poliziotto che piange, quell'infermiere che lo cura con affetto, alla fine, i genitori, tra le altre immagini.

    un film che resterà.

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    1. Hai perfettamente ragione, un film che resta e che oltre a far riflettere profondamente su quelli che sono stati, purtroppo drammatici eventi, sfoggia una potenza visiva straordinaria. E ripeto, la seconda parte è quella che preferisco, l'alternarsi tra lo stato di pre-morte e i ricordi dell'infanzia che emergono. Favoloso!

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  3. Sì, hai perfettamente ragione: un film duro e violento. Un vero e proprio pugno nello stomaco, ma proprio per questo è un film che non si dimentica facilmente.

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    1. Concordiamo! Indelebile senza dubbio, oltre ad essere anche un grande esordio.

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  4. La vicenda di Bibby Sands ai tempi mi colpì parecchio.
    Il film è davvero crudo e toccante, e qua Fassbender dà davvero il meglio.
    Ho trovato perfetto l'accostamento al Cristo del Mantegns citato da Ismaele.
    Come al solito un plauso alla puntualissima distribuzione italiana...

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    1. Tempismo impeccabile i nostri cari distributori, dovevano pur aspettare il successo di Shame e naturalmente, degli attributi di Fassbender :)

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  5. Fassbender mi piace, nonostante trovi Shame un film sopravvalutatissimo. Questo ce l'ho sul mysky da un pochino. Voglio vederlo, ma aspetto il momento giusto quando potrò dedicarmici con la dovuta concentrazione...
    p.s. paraculeggio e mi complimento per il blog.

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    1. Fai bene ad aspettare il momento adatto, non è proprio un film leggerino.
      Grazie a te, a presto!

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  6. Appena finito di vederlo. Che dire? Non mi è piaciuto. Probabilmente non l'ho capito, anzi sicuramente, ma ho serie difficoltà a considerare "Hunger" un film, e penso che i motivi che mi hanno complicato la digestione della pellicola siano gli stessi che hanno portato te a elogiarla: fondamentalmente, e almeno per me, è un problema di produzione, in "Hunger" non c'è produzione, non c'è senso - ci sono solo immagini, concetti aleatori, videità. Sarebbe interessante approfondire le videoinstallazioni di McQueen, perché là rischi di trovare la videità pura, mentre qui, in questo "Hunger", mi è sembrato troppo palese e frustrante il tentativo di sporcare, di rendere impura l'immagine con l'accenno di una trama, pur conservando infine questa sua sorta di trascendenza fluidifica, che però a visione ultimata risultata appunto frustrata dagli accenni di narrazione (leggi: di produzione di senso). Insomma, non mi è sembrato né carne né pesce, né film né videoinstallazione, ma qualcosa di imbastardito da entrambi. Per certi versi, mi ricordava Grandrieux, ma Grandrieux non ha mai fatto nulla del genere, e anzi forse è riuscito proprio laddove McQueen non riesce.

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    1. Effettivamente avevo qualche dubbio che non potesse piacerti, però non pensavo per i motivi che citi e che, personalmente, non riscontro; cioè,non ci vedo tutta questa contaminazione da videoinstallazioni e anche Grandrieux, mi sembra comunque qualcosa di molto distante. Ma probabilmente sono io, che nel suo insieme, non l'ho analizzato a fondo. A ogni modo mi fa piacere che un film su cinquanta, ci trovi in disaccordo :)

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    2. Dopo averti scritto, ho avuto subito la tentazione di eliminare il post e rivedere il film, m mi sono limitato a spiluccare qualche opinione in giro per la rete, scoprendo che sono tutte più che positive... a parte questa, sia su "Shame" che su questo "Hunger": "Credo che il cinema non abbia essenza, è senza essenza … direi, proseguendo il gioco di parole, che l’essenza, l'essence (carburante in francese, n.d.r.), la benzina insomma gli è data proprio dal fatto di non essere. Più che la mancanza della sala, è molto più pericoloso per il cinema che si contrabbandino come film delle cose che sono dei cloni dickiani da fantascienza dei film. Faccio un esempio che è mal tollerato perché molti hanno amato questo film e sono sicuro che lo hanno amato perché è una storia appassionante : “Shame” di Steve McQueen. Così come il precedente dello stesso regista (Hunger, n.d.r.), si tratta di un tributo alla forza del cinema, usata per farne dei film; sono però un’installazione non reale, ma mentale … l’atteggiamento è lo stesso di una installazione, è rivolto a un concetto di spettacolo e di cinema, un falso concettuale. È questo il rischio maggiore del cinema di oggi: da una parte la museificazione che è sempre a-artistica, cioè considerarla un’arte è museificarla, dall’altra è considerarlo un’arte e de-artisticizzarla per farne un sorta di super-manufatto. Trovo più a macchina, più pericolosamente fabbricato un film come “Shame” che non un film come “Trasformers” o un blockbuster medio" (Enrico Ghezzi). Che ne pensi?

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    3. Non lo so, Yorick. E' il pensiero di Ghezzi e per quanto ne ho compreso io, potrebbe anche aver ragione. Perchè, dal mio semplice punto di vista, "Shame", non tanto "Hunger", ma proprio "Shame" in particolare, ha dato anche a me l'impressione di un film diciamo, impuro. Premetto che, visto la prima volta al cinema l'avevo apprezzato, anche molto. Questa sensazione di "falso concettuale" è emersa in seguito, revisionandolo a casa, al di fuori della sala cinematografica. Ti parlo per esperienza personale e totalmente soggettiva, avendo ricondotto "Shame" a uno di quei film che si "snaturalizzano" a una seconda visione (che avvenga in un luogo diverso dalla prima - quindi dalla sala alla tv, o pc che sia). In parole povere, Yorick, considero "Shame" il classico film concepito per stare in bilico tra autoriale e commerciale (che solitamente, appassiona), se Ghezzi intende che il cinema di MqQueen è progettato per questo, non posso che darle ragione. Sul fatto che sia più deleterio un film come "Shame" che un "Trasformers" (o blockbuster medio)...uhmm non saprei, bisognerebbe approfondirli sotto un'altro profilo, non strettamente cinematografico o a-artistico ma piuttosto, sociologico...
      A ogni modo, "Hunger" l'ho apprezzato, "Shame" anche, ma non rientrano di certo tra quei film su cui mi spaccherei la testa per sviscerarli più del dovuto... Con Reygadas sennò che fai? Diventi scemo! :p

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    4. "Shame" è da approfondire, "Hunger", invece, l'ho bene fisso in testa, e probabilmente sbaglio io, però appunto l'ho vissuto molto come un film "ammiccante", autoriale sì, ma che non richiedesse uno sforzo particolare per essere metabolizzato, decifrato, fruito - quello sforzo di cui ti parlai a Venezia e che, secondo me, sta a fondamento dell'arte, quindi del cinema che piace a noi, perché il cinema deve richiedere uno sforzo così come lo richiede leggere Proust o Celine, uno sforzo che, a film finito, il film o l'opera d'arte ripaghi facendoti sentire appagato di essa, facendo in modo di farti pensare che sia valsa la pena sforzarsi per decifrare/vivere l'opera, e questo effetto mi è mancato in "Hunger", ma probabilmente sono stato superficiale io e mi son lasciato condizionare dalla dilagante popolarità della pellicola. Su "Shame"/"Transformers" ti do ragione, e d'altronde come non potrei? Sarebbe curioso, però, capire come mai Ghezzi adori quel cinema lì...

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