27.2.13

The Turin Horse

Béla Tarr
Ungheria, Francia, Germania, Svizzera, 2011
145 minuti

A Torinòi Lò: l'Apocalisse secondo Bèla Tarr, il suo Testamento (stando alle proprie dichiarazioni) al mondo della Settima Arte dopo il Monumento eretto con Satantango (1994), passando per Damnation (1988) e Le Armonie di Werckemeister (2000), giusto per citare i titoli che compongono la poetica che porta direttamente a questo suo Ultimo, Imponente e Irreversibile sguardo sul Mondo.
Gli ultimi 6 giorni (ma ne vedremo praticamente 5) dell'esistenza terrena vissuti da un padre, sua figlia e un cavallo... quel sopracitato cavallo che portò il filosofo Friedrich Nietzsche alla pazzia... e di cui non si seppe più nulla.
Ed è proprio il Nulla più inquietante (il buio totale), che avvolgerà all'inizio del sesto giorno quella fattoria decadente dispersa tra le campagne, avvolta dalla miseria più nera, dove ogni azione quotidiana diventa quasi un rito di sopravvivenza (la vestizione, l'acqua al pozzo, le patate, la finestra). Il tutto viene ripreso come di consuetudine del regista, con estenuanti ma ipnotiche carrellate e piani sequenza: fin dalla prima inquadratura (un uomo, un cavallo, 6 minuti di viaggio verso casa), Tarr ci introduce lungo un tragitto in continua discesa, dove il capolinea è rappresentato dal cataclisma più silenzioso che si sia mai visto sullo schermo. 
Un luogo, un tempo, un futuro.
Un luogo già escluso dal resto del mondo, spezzato unicamente da due, fondamentali componenti sonore: l'ipnotica e ossessiva soundtrack composta da Mihály Víg, che accompagna con perfetta scansione il continuo e incessante soffio del Vento. Simbolo di una Natura che si ribella con tutta la sua furia al degrado dell'umanità, capace di aumentare con prepotente intensità nel momento in cui la figlia esce di casa per andare verso il pozzo, e di arrestarsi solamente al calare dell'oscurità eterna.
Un tempo indefinibile, anch'esso scorporato dalla quotidianietà odierna, avvolto da una straordinaria fotografia in bianco e nero che sembra farne un film d'altra epoca. Un fascino talmente retrò da rendere The Turin Horse, non solo un modello "anti-hollywoodiano" per eccellenza, ma addirittura una pellicola di difficile inserimento anche in quel cinema contemplativo contemporaneo di cui, in fin dei conti, fa parte. 
Un futuro però certo, qualunque sia il tempo o la zona che esso rappresenti. Un futuro da cui è impossibile fuggire: inutile, per padre e figlia, racimolare le poche cose che le restano e incamminarsi, con carretto e cavallo al seguito, attraverso vallate e alberi spogli in direzione di un altro luogo. Dappertutto sarà uguale, in nessun posto ci sarà salvezza! Gli animali lo sanno, ancora dal primo giorno: "i tarli hanno smesso di farlo", pronuncia il padre a sua figlia. Il cavallo ha smesso di mangiare e non vuole più muoversi, esattamente come il cavallo di Justine in Melancholia (2011), che non vuole attraversare il ponte, captando che di lì a poco, la Terra cesserà di esistere...
L'unica cosa che resta di fronte alla potenza della più totale oscurità, è la consapevole e disperata rassegnazione: con lo sguardo rivolto verso il tavolo, davanti a due patate bollite e a un lume che si spegne lentamente...
Capolavoro del Buio e del Silenzio!



Il Primo Giorno
- Non le senti anche tu?
- Cosa?
- I tarli, non lo stanno facendo, li ho sentiti per 58 anni, ma ora non li sento.
- Hanno proprio smesso, che significa tutto questo, papà?
- Non lo so, dormiamo.

Il Secondo Giorno
Lei si sdraia e tira su la coperta.
Ohlsdorfer si gira su un lato e fissa i suoi occhi immobili nella finestra.
La ragazza fissa il soffitto, suo padre la finestra.
A volte si può sentire una traversina cadere giù dal tetto e frantumarsi rumorosamente.
Il vento ruggisce inesorabilmente intorno alla casa.

La Visita
tutto è in rovina, tutto si sta degradando, ma posso dire che loro hanno rovinato e degradato tutto. Perché questo non è una specie di cataclisma che ci viene addosso dal nulla. Al contrario è questione del giudizio dell’essere umano su sé stesso a cui ovviamente dà una mano Dio o, mi azzardo, a cui prende parte anche Dio e qualunque cosa a cui prenda parte è una delle creazioni più orribili che tu possa immaginare. Perché, vedi, il mondo è nel degrado. Per cui non ha importanza ciò che dico, perché ogni cosa che hanno preso in mano è svilita e siccome hanno preso controllo di tutto in una strisciante e subdola battaglia hanno degradato tutto.Perchè qualunque cosa tocchino, e toccano tutto, degenera...
... Abbiamo solo il loro respiro. Silenzio di morte al di fuori, la tempesta è finita. Il silenzio cade anche sulla casa. Tutto….tutto è perso per sempre!!! -

Lettura
... Il mattino diventerà notte e la notte finirà...

Il Terzo Giorno
Fuori la tempesta continua a imperversare.
Il vento continua a trascinarsi senza sosta lungo la terra dalla stessa direzione.
Ma ora non c'è nulla sul suo sentiero a ostacolarlo.
Solo una grande nuvola di polvere sollevata dal vento corre avanti temeraria.
Polvere secca e il devastante nulla che il vento fa rotolare davanti a sé mentre infuria senza freno sopra la terra arida.

Il Quarto Giorno
- Vieni con me!
- Cosa c'è?
- Il pozzo!

Il Quinto Giorno
- Che cos'è questo buio, papà?
- Accendi le lampade!
- Perché non l'hai riempita?
- E' piena.
- Porta dei tizzoni!
- Cos'è tutto questo?
- Non lo so, andiamo a letto.
- Anche i tizzoni si sono spenti.
- Riproveremo domani.

Possiamo sentirli andare a tentoni verso i loro letti.
Possiamo sentirli sdraiarsi e tirarsi su le coperte.
Possiamo sentirli respirare.
Solo il loro respiro.
Fuori un silenzio di tomba, la tempesta è finita.
Un silenzio di tomba cade anche sulla casa.
... Il Sesto Giorno

7 commenti:

  1. è un film che è più di un capolavoro, è una sintesi del mondo in disgrazia, di un'umanità che non può fuggire più.

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  2. Profetico Tarr!... Come suo ultimo biglietto da visita ci ha lasciato qualcosa di assolutamente unico.
    Grazie per essere passato di quì :)

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  3. Orpo, seriamente non avevo commentato questa bellissima lettura di un film che Sommo di nome e Capolavoro di cognome? L'avevo già letta, ed ero venuto qui per consigliarti di ascoltare questo, http://www.youtube.com/watch?v=KRrX80qdaTI, un disco post-rock islandese basato su "Le armonie di Werckmeister" di dio Tarr. A ogni modo, la recensione mi è piaciuta molto, specie per la particolarità della scelta di lasciar parlare il film, un film che, sono d'accordo, è "non solo un modello "anti-hollywoodiano" per eccellenza, ma addirittura una pellicola di difficile inserimento anche in quel cinema contemplativo contemporaneo di cui, in fin dei conti, fa parte" e che quindi, probabilmente, vuole essere solo se stessa in se stessa, e anche per essa, come per "Hors Satan", è difficile, se non anche sbagliato, parlarne o, anche, discuterne, perché è così intima e così contemplativa che penso sia diversa per ognuno di noi: penso a chi la trova un pugno allo stomaco, chi una pellicola piena di speranza o chi invece si inebri di quel solluchero estetico che Tarr sparpaglia per l'intero film. Insuperabile prova di regia, di sceneggiatura, di luce e silenzi, altroché! E vedo che il tuo entusiasmo è lo stesso del mio ogni volta che lo rivedo o ne parlo con qualcuno. Una piccola postilla, però: non è solo, almeno secondo me, il fascino retrò a rendere questo film impossibile da classificare, è anche, credo, il modo in cui la storia viene narrata, perché c'è la fine, che è qualcosa di ancora più profondo, recondito e misterioso della morte stessa, e questa fine è raccontata, appunto, in maniera quotidiana, cioè è proprio inserita nella quotidianità, quasi essa non ci sia propriamente una vera e propria fine ma, piuttosto, un finire, un degradare, un qualcosa che si perpetua. Grandissima recensione, 10 e lode. E soprattutto complimenti per il coraggio di averla affrontata: non è facile scriverne e, più ancora, non è facile aver il coraggio di appropinquarsi al computer sapendo di dover scrivere di questo Sommo Capolavoro. Ah, e scusa la lunghezza del commento, prossimamente sarò più sintetico, promesso, è che qui si parla di Tarr e... be', sai com'è :D

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    1. Non ti devi affatto scusare: lo spazio, in un blog come questo che sconfina nell'assenza è giustamente illimitato, come i film in esso rappresentati, che sono anche i tuoi film ;) Ben vengano dunque le tue preziose analisi (definirli commenti mi pare alquanto riduttivo), specialmente come nel caso in questione, in cui portano sempre a rivedere opere di tale calibro sotto ulteriori punti di vista. La postilla era doverosa e non posso che ringraziarti, anche perchè questo commento è servito a rileggere quello che avevo scritto più o meno un anno fa. Penso sia stata la prima recensione di un vero Sommo Capolavoro ed effettivamente, scrivendola... tremavo. I complimenti da un tarriano come te sono una grandissima soddisfazione, troppo buono!
      Ora vado ad ascoltarmi il brano che hai linkato, grazie Yorick!

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  4. Il mese scorso è uscita in Italia la prima traduzione di un romanzo di Krasznahorkai László, Melancolia della resistenza, dal quale è tratto Le armonie di Werckmeister. Buona lettura e aspettiamo di leggere presto anche Satantango!

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    1. Si, avevo sentito parlare di questa uscita. Magari con l'inizio di un clima più invernale, siamo anche più invogliati alla lettura... Grazie dell'informazione Mauro e buone vacanze!

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