24.9.13

Sueno y Silencio

Jaime Rosales
Spagna, Francia, 2012
106 minuti


Yolanda insegna in una scuola materna di Parigi, dove si è trasferita con il marito Oriol, architetto e le due figlie Alba, e la primogenita, Celia. Durante una gita in Spagna, sul delta del fiume Ebro, Oriol e Celia restano coinvolti in un incidente d'auto nel quale la figlia perde la vita. Dopo essersi risvegliato da un coma che l'ha costretto in ospedale per diversi giorni, per Oriol il ricordo di Celia è completamente svanito, cancellato, come se quella figlia, non fosse mai esistita...
Yolanda (il sogno) e Oriol (il silenzio); una coppia impegnata nella sofferta ricostruzione del proprio rapporto e della propria vita famigliare, dopo che una parte di essa, ha lasciato spazio all'incomunicabilità.
Presentato nella Quinzaine des réalisateurs di Cannes, che nel 2007 aveva già ospitato il cineasta spagnolo Jaime Rosales con La Soledad, Sueno y Silencio è una lenta e silenziosa elaborazione del lutto che procede per frammenti ascetici, eclissati da bagliori che infrangono l'occhio e la memoria; il ricordo è un percorso da ridisegnare "con calma" fin dal principio dell'opera, il cui sinistro affresco murale di Miquel Barcelò ne costiuisce i punti periferici e dove solo il tempo, può rigenerarne i colori. In tutto il film emerge una ricerca del colore che, nonostante il grigiore della monocromia digitale, viene richiamato di continuo (i fiori, l'erba, i disegni che Alba mostra al padre) senza il bisogno di rivelarsi (eccetto il finale) necessariamente al nostro sguardo. Esso acquista percettibilità esclusivamente tramite dialoghi e azioni, che Rosales riprende di scorcio, operando in lontananza mediante lunghi piani fissi (la conturbante sequenza della tumulazione sfiora i sette minuti) e lente panoramiche che sorvolano quegli spazi estatici (il parco giochi, il mare) fungendo da sopraluogo per ricomporre il ricordo e diventando così, il vero centro di contemplazione. Un centro onirico che paradossalmente rappresenta Yolanda, in quanto lei, è "il sogno"; lucida nell'affrontare la perdita espiando il dolore tramite i colloqui con il padre, le colleghe di lavoro, ma soprattutto, attraverso quei ricordi che Oriol (il silenzio) ha perso, perennemente rinchiuso nell'offuscamento della sua memoria, impassibile agli stimoli su cui la moglie preme per riportarlo alla realtà, seppur drammatica. Non a caso, la cinepresa di Rosales taglia o lascia ai margini la persona, ovatta le voci ed esclude totalmente il suono, in quei frangenti che rievocano il passato, prediligendo fantomatici fuori campo che sembrano seguire le avulse traiettorie di Apichatpong Weerasethakul in Syndromes and a Century. Su tutte, il fluttuante "plen-air" conclusivo; dieci, memorabili minuti  attraverso la gente, le famiglie, i bambini, la vita stessa che popola l'ampio parco di Buttes-Chaumont e che sembra sconfinare in quell'ultimo "sogno", forse rassicurante, risolutivo; l'attenuazione del dolore, l'accettazione della perdita.

6 commenti:

  1. Una storia davvero interessante, intricata, complessa. E con un finale "forse rassicurante". Fa decisamente per me. Grazie!!

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    1. E' molto artistico secondo me, naturalmente bisogna riuscire a penetrarlo subito, adattandosi ai suoi tempi. Insomma, un film silenzioso, pacato e che per questo potrebbe piacerti!

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  2. Sembra un film girato per sottrazione, teso a filmare l'assenza (il silenzio, il lutto, i colori richiamati ma non mostrati, l'esclusione del suono...), quindi sicuramente nelle mie corde. Mi incuriosisce, senz'altro, e, da quel che scrivi, sarei davvero interessato a capire se sia il film ad escludere il colore, il suono, la realtà e la vita o se, viceversa, sono questi elementi a escludere il film da sé. Grazie, come al solito sei una miniera inesauribile :=)

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    1. Puoi ben dirlo, Rosales sottrae con indubbia classe, dimostrando inoltre una certa attitudine alla sperimentazione e l'assenza, ovviamente regna. Sarò cuiosissimo di leggere le tue impressioni quando lo vedrai, ma sono quasi certo che lo apprezzerai :)

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  3. ho visto qualche recensione, lo distruggono:(

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    1. Mah, quelle poche che avevo letto io, erano positive. Personalmente, è un film che ho immediatamente sentito affine, ho voluto riguardarlo a distanza di quasi un anno, ma l'impressione non è sfumata per niente, anzi...

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