8.9.13

Camille Claudel, 1915

Bruno Dumont
Francia, 2013
94 minuti

Era alquanto intuibile, per i conoscitori del cinema di Bruno Dumont, che quest'ultimo, atteso lavoro, andasse a penetrare proprio nel periodo più buio della vita di Camille Claudel, focalizzandone tre giorni, del suo conclusivo periodo d'internamento.  
Ma rinfreschiamoci un attimo la memoria: Camille Claudel era una scultrice, originaria di Villeneuve (dipartimento dell'Aisne, a nord della Francia) e sorella dello scrittore Paul Claudel. Nacque nel 1864 e dopo una relazione finita male con il maestro scultore Auguste Rodin, alla morte del padre, nel 1913, fu internata dai famigliari in un manicomio del sud della Francia dove, per 29 anni, visse in attesa di una visita del fratello (con cui comunicava tramite missiva), fino al giorno della sua morte, il 19 ottobre del 1943... Camille, non potè più tornare a scolpire.
Questo è il punto fondamentale del doloroso ritratto di un'artista, il cui processo creativo subisce un irreversibile arresto. L'impossibilità d'esercitare la propria arte, sfocia progressivamente nel rifiuto della stessa; dapprima, disperatamente cercata attraverso un vacillante disegno floreale (l'albero spoglio intensamente osservato in precedenza, funge d'ispirazione nonchè, simboleggia la perdita, una sorta di svestizione - Camille messa a nudo e lavata dalle suore a inizio film) e la tentata modellazione di quella zolla di terra che, inevitabilmente, non può che riportare ancora una volta all'universo dumontiano finora svelato (dalla terra che solleva Pharaon in L'Umanità a quella, all'opposto, che tiene ancorata Barbe in Flandres) e forse, per certi aspetti, espletato con Hors Satan (chi scrive, al momento lo reputa ancora la summa). Ma la terra, in Camille Claudel, 1915 perde duttilità, ribellandosi alle mani della sua creatrice (e La Créatrice, titolo altero, fu originariamente pensato) per tramutarsi in terra arsa da calpestare, durante una sofferta "via crucis" che strugge l'animo e riduce ulteriormente la speranza. Ne consegue quindi una paralisi della creatività che ben si associa all'alienazione ambientale per cui Camille, non si discosta poi molto dalle internate (scelte tra vere donne con disturbi mentali) che Dumont riprende come di consuetudine con il suo stile, più volte contestato (ma basterebbe indietreggiare agli anni '70, a film tipo Per le Antiche Scale, di Mauro Bolognini, per far cadere tutte le accuse) e all'apparenza cinico, ma reale e innegabilmente onesto. Restando quindi coerente al pensiero bressoniano, Dumont radicalizza, ma non tanto sulla forma questa volta (tempi e soprattutto spazi, non risultano più dilatati delle opere precedenti), quanto sul dolore più profondo, sulla tormentata attesa di Camille, paralizzata dalla cinepresa che ne assorbe totalmente l'anima, per poi insinuarsi nella psiche e restringendo gradualmente il campo, fino a quell'impressionante, lentissima carrellata frontale sul volto in lacrime. Qualcosa è cambiato però; la sensazione dominante infatti, è che con il film cresca anche un senso di claustrofobia che procede per segnali (il riflesso della luce filtrante dalla finestra che incornicia Camille seduta in poltrona - gli insistiti primi piani, alquanto inusuali finora) atto a sfociare in un ulteriore rinnovamento di poetica o addirittura, in un probabile cambio di direzione. L'impressione, colta argutamente da l'emergere del possibile e su cui abbiamo avuto modo di discuterne personalmente, è che l'autore francese possa in futuro avvicinarsi al cinema da camera, iniziando un'introspezione psicologica di stampo tipicamente bergmaniano... E se così fosse, allora potremmo dire che questa volta Dumont, ci ha lasciato veramente l'anima.

22 commenti:

  1. Se questa è una recensione scritta dopo una sola visione francofona, tanto di cappello: ricchissima di riferimenti, acuta e, naturalmente (visto che parli di Dumont), sentita. Anche a me la terra aveva detto molto, ma il collegamento con Flandres mi era sfuggito, figurati con "L'umanità". Sarebbe interessante conoscere i filosofi studiati e insegnati da Dumont, credo che si aprirebbero varchi profondissimi, anche se, qui, il discorso sull'arte lascia posto, come giustamente noti tu, a una riflessione sul dolore, soprattutto sulla sua eziologia, così intima e in qualche modo fresca da risultare personalissima, derivativa solo in parte. Su Camille, so che era stato fatto un altro film: hai avuto modo di vederlo?

    Ah? E grazie per la citazione!

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    1. Guarda, mi rincuori perchè scrivendola non è che mi convincesse molto, ci sono stati dei momenti in cui non ne venivo a capo. Potrei anche aver interpretato in modo scorretto alcune cose e se noti, ho preferito concentrarmi quasi esclusivamente sulla prima parte; la figura del fratello andrebbe approfondita perchè lì, se ho ben capito leggendo la tua disamina, entra in campo tutto un discorso sulla fede che per me, era al momento impossibile da decifrare visto la consistenza di dialoghi (tra il fratello e il prete - tra Camille e il fratello). Comunque è incredibile, come da Dumont si riesca sempre a ricavarne una tale quantità di riflessioni che a loro volta sfociano in altrettante riflessioni e riferimenti, come una catena che non ha mai fine... C'è ne sarebbe ancora molto da dire su questo film.
      Il "Camille Claudel" di Bruno Nyutten (1988) c'è l'ho nell'HD da parecchi mesi, però non l'ho ancora visto per il semplice motivo che quasi 3 ore senza sottotitoli non mi sembra il caso.
      La citazione era d'obbligo, visto che senza la tua intuizione, il riferimento a Bergman non l'avrei mia colto, grazie!

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    2. Sì, hai ragione: i film di Dumont sono fiumi in piena di riflessioni, oltre che intimamente riflessivi/contemplativi di per sé. Si vede che è un filosofo!

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    3. Ach, che bestia, mi sono mangiato un pezzo di commento!

      Volevo dirti che, oltre alla rievocazione bergmaniana del cinema da camera, Bergman, a me, Dumont l'ha ricordato anche attraverso la mostrazione del "brutto", mostrazione senza filtri di handicappati veri, così come i nani ne "Il silenzio", altro capolavoro da camera di Bergman ;)

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    4. Orpo! Illuminami sui nani del "Silenzio" perchè sinceramente mi sfuggono... E pensare che l'ho visto anche due volte quel film!

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    5. Se non ricordo male, dovrebbero appartenere a un circo o a qualche baraccone itinerante. Alloggiano nell'albergo dei protagonisti e fondamentalmente, come alcuni internati nel manicomio di Camille, beffeggiano (il bambino) e passano il tempo a ridere. Dumont me li ha ricordati perché fondamentalmente, come Bergman, anche la sua è una mostrazione del brutto (veri nani, veri handicappati), radicale e posta lì per "infastidire" i protagonisti (la scena in cui Camille va a mangiare altrove perché irritata, per esempio) e, quasi, per confonderli.

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    6. (Magari mi sbaglio, eh, ma quel cinema da camera e il sottofondo religioso di Dumont mi ricorda moltissimo Bergman, e credo che difficilmente mi sbaglierei nel dire che Dumont ha rivisto quella trilogia prima di girare CC1915. Prendi anche il volto di Camille pregante e confrontale con quello della tipa in "Come in uno specchio"...)

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    7. Azz! Hai ragione, il gruppo circense non lo ricordavo più... Se non sbaglio corrisponde al momento in cui il bambino si aggira da solo nell'albergo, mentre la madre è chiusa nella stanza con l'amante.
      E ora ho messo a fuoco anche il volto della protagonista di "Come in uno specchio"; se intendi la scena da cui hai tratto il fotogramma per il tuo post, è vero, effettivamente c'è un'analogia... Anche te hai un occhio micidiale però, a me per esempio non sarebbe mai venuto in mente un confronto del genere. Bravissimo! A questo punto sarebbe veramente interessante scoprire le fonti d'ispirazione e di studio, naturalmente, di Dumont, ora faccio qualche ricerca...
      A proposito, stavo ripassando la mia lista dei film da trovare e c'è un certo Siberie (2011) che potrebbe essere curioso (vai su Mubi e leggi i nomi nella scheda)
      e qui degli estratti: https://www.youtube.com/watch?v=bmIoFKXWVqw / https://www.youtube.com/watch?v=WKJ8nf-0QNY

      introvabile però, almeno per le mie fonti di ricerca :(

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    8. Orpo, dumontiano! Questo mi mancava... ma com'è che la media è quella, su MUBI?

      La regia, inoltre, non la conosco proprio. Ho visto che ha lavorato in "Lol", che dalla regia mi suggeriscono essere una mezza puttanata, e in "Paris...", che ho visto ma di cui non ricordo l'episodio incriminato. Conosci di più? (Comunque Dumont è un deleuziano...)

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    9. Infatti l'avevo segnato proprio per Dumont. Questa Joanna Preiss non la conosco nemmeno io, ma sul mulo ho trovato un film francese, "Ma mere" del 2004 in cui lavora come attrice. Altro non saprei dirti.
      Gilles anche Dumont quindi, doveva pur esserci un filo che vi unisce :)

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    10. Leggo solo ora il commento mubiano in "Siberie": "I am baffled at the fact that Dumont agreed to this"...

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    11. Sì, l'avevo già letto... Comunque, dalla recensione riportata su Mubi penso sia qualcosa di molto intimo e personale e poi, solo il fatto di vedere Dumont dall'altra parte della cinepresa mi stuzzica assai.

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  2. E finalmente Camille Claudel, 1915! La penso come yorick: recensione splendida, traboccante di riferimenti preziosi.
    Chissà quanta acqua, per i comuni mortali come me, dovrà passare sotto i ponti prima che possa vederlo!

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    1. Ti ringrazio bombus, ho cercato di captare quanto possibile, ma ci sono ancora tante cose che meriterebbero ulteriori approfondimenti e che solo con una visione sottotitolata potrebbero esser recepiti. E poi, cos'è stò discorso del comune mortale; ricordati che con "Tabu" personalmente sei riuscito a coglierne la vera essenza, al contrario di me, che proprio non sono riuscito a interpretarlo adeguatamente.
      Comunque, "Camille.C.." ti consiglierei di beccartelo subito e per i sub, ormai penso non ci sia d'aspettare molto. Sprona il quadrupede dai ;)

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    2. ho trovato i sottotitoli in inglese, e allora mi sembrava brutto non approfittarne:)

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    3. Fatto benissimo Ismaele! Se lo vedi, poi dammi la tua opinione, magari scrivene, chissà che ne emergano ulteriori punti da me non colti.

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  3. un altro capolavoro di dumont, avevo qualche remore sulla binoche, ma in un ruolo così funereo e arduo è riuscita a comunicare con il suo viso la gamma di sensazioni che il dolore, l'abbandono, il rancore, la speranza, l'ipotetica fede suggerivano al personaggio ... fotografia come sempre splendida, la ricerca interiore di normalità, la pazzia e la via di fuga, il cammino doloroso e una salvifica sottomissione ... un film che graffia l'anima e sono d'accordo con te: qualora dumont nei prossimi film volesse incamminarsi verso un'introspezione psicologica totale e profonda, potrebbero venir fuori caratteri cinematografici immortali ...

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    1. A me invece incuriosiva vedere la Binoche in un film di Dumont e onestamente, non avevo dubbi sulla sua performance, è un'attrice che ho sempre ammirato. Per quanto riguarda il film in sè, a mio avviso, forse non raggiunge i vertici delle tre ultime opere (Flandres, Hadewijch e soprattutto, Hors Satan) ma oramai Dumont ha raggiunto una posizione tale, da cui ci si può solamente aspettare grandi sorprese, qualunque direzione voglia in futuro intraprendere. Ogni suo nuovo film, sarà per me sempre e comunque un'attesa spasmodica.
      Grazie per il tuo intervento chand!

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  4. Finito di vedere ora!
    Visione molto interessante e un'interpretazione davvero sentita della Binoche. Non credo di aver visto altro di questo regista, ma devo assolutamente approfondire!

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    1. Ciao Jean. Questo film segna un punto di svolta nella carriera del regista, e diciamo che per certi aspetti è anche quello più appetibile "commercialmente", dovuto sicuramente anche alla presenza della sempre ottima Binoche. Difficile invece indirizzarti su un film in particolare della sua precedente filmografia, Dumont non è un regista "facile" ... ma procedendo gradualmente, visto che hai apprezzato "Camille", potresti magari tentare con "Hadewijch", intanto, visto la spiritualità di fondo che in qualche modo lega le due opere...

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    2. proverò, ma sono davvero difficili da trovare sia a noleggio o in streaming.

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    3. Beh, noleggio credo sia proprio impossibile, in Italia, per la vendita ne hanno distribuiti solo due: "Twentynine Palms" e "L'umanità". Mi sa che dovrai affidarti a vie alternative, in quel caso li trovi tutti ;)

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