Chantal Akerman
Belgio, Francia, Germania, 1978
127 minuti
Anna è una filmaker impegnata nella presentazione del suo ultimo film; i suoi incontri, i suoi viaggi per 'Europa, costituiscono la conclusione del primo itinerario formativo di Chantal Akerman. Osservando Les Rendez-vous d'Anna, si ha la conferma che quanto transita davanti ai nostri occhi è in qualche modo la vita stessa della cineasta belga e la si ha, proprio nel momento in cui assistiamo all'incontro tra Anna e sua madre; da questo colloquio infatti, emergono le stesse informazioni (le difficoltà economiche, la malattia del padre) di cui siamo venuti a conoscenza attraverso quelle lettere inviate realmente dalla madre di Akerman durante la sua permanenza negli Stati Uniti. News from Home, dunque, resta a tutti gli effetti il trait d'union principale con l'opera in questione.
Belgio, Francia, Germania, 1978
127 minuti
Anna è una filmaker impegnata nella presentazione del suo ultimo film; i suoi incontri, i suoi viaggi per 'Europa, costituiscono la conclusione del primo itinerario formativo di Chantal Akerman. Osservando Les Rendez-vous d'Anna, si ha la conferma che quanto transita davanti ai nostri occhi è in qualche modo la vita stessa della cineasta belga e la si ha, proprio nel momento in cui assistiamo all'incontro tra Anna e sua madre; da questo colloquio infatti, emergono le stesse informazioni (le difficoltà economiche, la malattia del padre) di cui siamo venuti a conoscenza attraverso quelle lettere inviate realmente dalla madre di Akerman durante la sua permanenza negli Stati Uniti. News from Home, dunque, resta a tutti gli effetti il trait d'union principale con l'opera in questione.
Il rapporto abitazione-famiglia-viaggio, diventa la tematica fondamentale dell'intero operato di Akerman a partire da Hotel Monterey e procedendo per ordine, quindi; le camere d'albergo come contenitore essenziale per la liberazione dei propri pensieri, delle proprie emozioni: l'albergo dove Anna s'intrattiene con lo spasimante tedesco, quello che la vede in compagnia del suo uomo e ancora, quell'altro, in cui decide di pernottare con la madre. "L'incontro intimo con la madre può avere luogo soltanto ora che sono lontane dall'ambiente domestico. E' la camera d'albergo a consentire loro di accedere narrativamente alla casa di famiglia"(1). Ma al tempo stesso, emerge la continua necessità di fuggire da questi luoghi per rimettersi in viaggio (la continua osservazione di Anna verso il mondo e la metropoli esterna, attraverso i vetri: dell'hotel - del treno) ed ecco, allora, che le stazioni ferroviarie assumono rilevanza fondamentale, diventando un autentico centro di scambi, incontri, riflessioni personali (e autoreferenziali) sul proprio percorso esistenziale. Una geometria architettonica che in Les Rendez-vous d'Anna trova il punto di massima completezza, l'apoteosi del trittico; "La geografia del film è rigorosamente composta di treni, stazioni ferroviarie, cinema, abitacoli di automobili e camere d'albergo. E' una geografia di transiti e in questo panorama mobile, strutturato da un viaggio in treno, seguiamo le tracce di un percorso intimo. Ci fermiamo in una stazione ferroviaria per incontrare un'amica di famiglia, e incontriamo sua madre in un'altra"(2).
Ed è proprio durante l'esteso tragitto notturno in treno verso la stazione di Bruxelles, ispezionata meticolosamente in ogni sua fermata, avvolta nella foschia, che Akerman raggiunge la perfetta combinazione tra introspezione personale e formalità stilistica (un minimalismo e una cura per gli spazi che predomina già dalle prime inquadrature: l'entrata dei sotterranei della stazione - l'entrata dell'albergo). In questo segmento centrale (un capolavoro) del film, che verrà poi riproposto in forma e tempi diversi verso la fine (il tragitto in auto per il centro di Parigi, sempre di notte) viaggiamo praticamente insieme ad Anna, nell'arco di un tempo che si dilata catapultandoci in una dimensione estraniante, che sfiora l'onirico; siamo con lei mentre osserva dal finestrino, la seguiamo da una carrozza all'altra e, in quel suo svincolarsi tra la gente che affolla gli scompartimenti (scena visivamente debitrice del Fulci di Non si Sevizia un Paperino), possiamo penetrare i suoi pensieri più intimi, il suo desiderio di evasione. Come in Jeanne Dielman quindi, il quotidiano diventa asfissia e urge la necessità di liberarsi; ma se il film del 1975 si risolveva in un finale a suo modo catartico, in questo caso, il rientro alla propria abitazione può solamente constatare, con disillusione, una vita intrappolata in una realtà da cui pare oramai impossibile, evadere.
(1) - (2) estratti dal libro "Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, archittettura e cinema" di Giuliana Bruno
Non vedo l'ora di recuperare questo trittico, per quanto pervaso di disincanto nei confronti di questa realtà, questa "vita intrappolata in una realtà da cui pare oramai impossibile, evadere"!
RispondiEliminaRivedendolo l'ho apprezzato ancor più della prima volta e non lo ricordavo così minimalista. Il segmento centrale del viaggio in treno raggiunge vertici da capolavoro, vedrai che roba!
EliminaEh, ho curiosato in giro e parrebbe proprio cinema che faccia per me, appena torno a casa mi ci metto. Tra l'altro Bellour era estasiato da "Notizie da casa", e parlava di quella scena nella metropolitana in termini di fotografia, video e fermo-testo che, boh, m'ha spaesato ed estasiato al contempo... O.o
EliminaInteressante, l'hai pescata in rete la critica di Bellour? Mi piacerebbe leggerla.
EliminaNope, sul libro "Tra le immagini". Te la scannarizzo e te la invio assieme ai Tarr :)
EliminaOttimo, grazie mille!
EliminaPreg'!
Elimina"News from home" ci stava mettendo troppo, così sono passato direttamente a questo "Les rendez-vous d'Anna", che dire che mi ha ammaliato è dire poco, per quanto il personaggio della regista, o meglio la sua psicologia, mi sia parsa indecifrabile, forse perché il topos dell'alienazione metropolitana non mi sembra appartenere a questo film, quindi questa sorta di limbo estraniato ed estraniante - "vita intrappolata in una realtà da cui pare oramai impossibile, evadere" - mi è parso in qualche modo un ambiente in cui Anna riesce a muoversi se non agilmente quantomeno lucidamente, sicché mi ritrovo davvero in difficoltà ad affacciarmi anche solo per un momento nel cervello di quella donna. A ogni modo, ripeto, bellissimo film, e che estetica poi!! Tra l'altro della Akerman ho trovato anche "Saute ma ville", che ho recuperato perché del 1968. Visto? Impressive e/o impressioni?
RispondiEliminaHai ragione, Anna è un personaggio impenetrabile e volevo anche approfondirlo nella rece, ma era impossibile decifrarlo correttamente. E' vero che sembra "muoversi in modo lucido" ma è come se ci fosse sempre qualcosa che la tormenta, che la opprime, non la vedo serena. Sembra comunque che voglia sfuggire a questo "tram tram" quotidiano ed è il finale, a mio avviso, che avvalora questa condizione insoddisfacente; quando finalmente rincasa e si mette ad ascoltare i messaggi nella segreteria telefonica. "Una vita intrappolata"... intrappolata in una segreteria telefonica!
Elimina"Saute ma Ville" l'ho apprezzato molto e lo considero l'anticamera ideale per "Jeanne Dielman". All'epoca ne avevo anche scritto due appunti. Devo cercarli, magari ne esce un breve post.