12.1.14

El Cant dels Ocells (Birdsong)

Albert Serra
Spagna, 2008
93 minuti

Un'abbacinante rappresentazione del lento cammino dei Re Magi alla ricerca del neonato Gesù; affaticati e disorientati nello vagare senza una guida tra immense distese monocromatiche, riusciranno comunque a raggiungere la loro meta...
Avrebbero dovuto presenziare il giorno dell'epifania, e invece arrivano con una settimana di ritardo. Ma bisogna pur comprenderli, perchè i Re Magi di Serra hanno i loro tempi, e come tutti i personaggi del regista catalano, sono figure perse nell'inazione e nel disorientamento.
Li osserviamo in questo stato flemmatico fin dall'inizio, mentre contemplano e incedono attraverso uno spazio silenzioso e talmente sconfinato da sembrare cosmografico (le distese sabbiose; i fiumi; le grotte; le piante; il cielo; l'universo stesso). Se poi li osserviamo mentre riemergono da quell'orizzonte che scinde buio e luce, appaiono oltremodo come presenze che hanno addirittura trasceso l'immaginario popolare per divenire astronauti intenti ad esplorare un paesaggio selenitico. E se dovessimo prendere atto, oltretutto, dell'ammirazione che il catalano ha sempre avuto per il cinema di Pier Paolo Pasolini (1), allora potremmo anche ricondurre il vagare dei Re Magi a quello del Pierre Clementi di Porcile (1969), disperso anch'egli in un simile scenario surreale composto da crateri vulcanici. D'altronde, basti pensare all'Islanda (uno dei luoghi scelti da Serra per girare il film, tramite una curiosa ricerca con Google Earth), che nella sua conformità astratta, lunaria, quasi spirituale direi, è il fondale perfetto per sequenze come quella sopracitata e per la rappresentazione del cammino irresoluto di questi Re Magi, che non trovando nessuna stella che possa guidarli (appare a loro solamente un angelo che gli informa della nascita del Messia), si trascinano stancamente e alla cieca (stupenda l'osservazione del cielo durante la notte), in un tempo che Serra dilata fino all'estremo (e rivedendo El Cant dels Ocells occorre ripensare all'ultima fatica del regista, in quanto Historia de la meva Mort - Pardo d'oro all'ultimo Festival di Locarno - non soverchia poi di molto, nemmeno in termini di estensione spazio/temporale, quanto Serra ci ha già mostrato finora), come lo spazio rappresentato, costringendo inoltre lo spettatore a un'autentica prova dell'occhio; la scomparsa e successiva ricomparsa oltre il confine del visibile, dei tre uomini, sagome deleuziane miniaturizzate e smaterializzate in un affresco argenteo (2).


Anche il momento cruciale dell'incontro con il Messia (quasi cinque minuti di piano sequenza fisso che ci mostra i Re Magi inginocchiati di fronte a Maria con Gesù in braccio) non arriva prima di un'ora dall'inizio e gli stessi Maria e Giuseppe, sembrano a loro volta figure disorientate in uno spazio che sembra non appartenerle realmente. Da questa sequenza infatti, con il conseguimento del faticoso itinerario e il propagarsi sonoro del Canto degli Uccelli (3), si genera uno spartiacque e il film si spoglia della propria finzione; Serra decreta già la fine di un'epoca (il Cristianesimo) al momento della sua nascita e catapulta i suoi personaggi in un bosco dallo scenario medievale, intenti a confessarsi i propri sogni/incubi, a dimostrazione di come l'obiettivo del catalano sia incentrato nel proseguire con un cinema puntualmente legato a riferimenti storico/letterari (dal Don Chisciotte di Honor de Cavalleria, alla fine dell'illuminismo - Historia de la meva Mort). C'è già un transito epocale quindi, c'è già la necessità di cambiare ruolo, e palcoscenico. E si conclude come il dietro le quinte di un teatro, El Cant del Ocells; osservando quelle tre figure immortalate a campo lungo mentre si liberano di mantelli ed ornamenti, assistiamo automaticamente, alla svestizione del cinema stesso.     

(1) "Ho nostalgia di tali eccessi pasoliniani, del suo tentativo di mettere in scena qualcosa di completamente folle, di fregarsene delle scene imperfette… Ho nostalgia di questa libertà che oggi è venuta meno per assecondare degli standard tecnici, per avere un film rifinito, curato, perfetto."

(2) "Abbiamo fatto molti test, con videocamere diverse e alla fine ho trovato questa immagine che mi sembrava interessante perché dà un’ambiguità particolare... ho ricercato una resa dell’immagine, che donasse una sensazione di antichità ai paesaggi."

(3) "È un canto folkloristico catalano molto conosciuto. Si chiama Il canto degli uccelli e parla per l’appunto della nascita del Signore; per il film ho utilizzato una versione strumentale. L’interpretazione è di Paul Casals, un famoso violoncellista. La colonna sonora è stata scelta prima dell’inizio delle riprese, infatti dà il titolo al film."


Albert Serra, Festival di Cannes 2008

6 commenti:

  1. Cazzo, adesso iniziamo anche a postare le recensioni contemporaneamente? Inizio davvero a credere che siamo un solo organismo :p

    Battute a parte, sai bene cosa io pensi di questo film: è un capolavoro, punto. Quando l'ho visto, una notte su FuoriOrario, ne sono rimasto letteralmente folgorato, prima di tutto dai paesaggi, che a ragione definisci "cosmografici", e ne ho banalmente scritto, ma giusto per segnalarlo, mentre invece serviva una recensione del genere - bellissima e puntuale, con riferimenti preziosissimi (specie quello pasoliniano). Il film, l'ho sicuramente apprezzato più di "Honor de cavalleria", da cui a dire il vero non si discosta poi molto, ma questi paesaggi islandesi sono mozzafiato e il b/n abbacinante ha un fascino che ogni volta mi dilania il sentimento. Questa traversata votata alla dispersione e alla perdizione, poi, è davvero - concordo - un preludio medievale, una fine in nuce già nell'inizio di questo cristianesimo. Grande ViS, recensione perfetta e importantissima che merita almeno 93 minuti di applausi :)

    P.S. Vedo che continui a carezzare "Historia de la meva mort", ogni tanto ne trovo un pezzo sul tubo o su qualche altro canale e lo rivedo volentieri. Non vedo l'ora di rivederlo, perché lì siamo davvero, forse, ai vertici e, come dicevamo a Torino, è probabile che sia davvero il capolavoro di Serra, solo che necessita di molto più visioni. Spero ne scriverai ;)

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    1. Ahahah... quasi sincronizzati, ci ha diviso un lasco di 8 minuti!
      Grazie Yorick, sei gentilissimo come sempre, anche se onestamente non penso d'aver scritto una gran recensione (la stessa sensazione avuta quella volta con la rece su "Camille Claudel", e stesso tuo grande apprezzamento, paradossalmente), forse è un pò troppo didascalica, non so. La tua sarà anche una sorta di segnalazione, ma di certo in due righe sei riuscito a esporre qualcosa di molto più profondo... Comunque sia, su un punto non ci sono dubbi: un capolavoro questo "Cant dels Ocells"! Ed è proprio rivedendolo dopo HdmM, che ora ripenso a quest'ultimo in maniera un pò differente. Rileggendo anche quella frase che hai scritto: "l'unica cosa davvero certa, è che Serra abbia mutato maschera ma non volto e che questa riflessione sulla fine dell'illuminismo si incastri benissimo nella rilettura che, con Honor de cavalleria e Birdsong, ha dato dei miti fondativi della civiltà occidentale". Per questo ho "accarezzato" nuovamente il film, perchè alla fine non sono più tanto convinto che ci sia effettivamente un superamento qualitativo del film qui preso in esame anzi, inizio a credere che forse, è proprio "Birdsong" il vero capolavoro di Serra. A ogni modo concordo sul fatto che bisogna rivedere al più presto HdmM, solo allora potremo arrivare a delle conclusioni più concrete. Non vedo l'ora!

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  2. Anch'io penso che questa sia una recensione perfetta: splendida, davvero!

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    1. A questo punto allora, spero sia una mia impressione. Il tuo apprezzamento mi rincuora oltremodo, grazie bombus!

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  3. Ho visto "Un homme sans l'Occident". Devi assolutamente guardarlo, secondo me per questo "El cant dels ocells" Serra trae parecchia ispirazione.

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    1. Si, ho visto che ne hai scritto, me lo segno così passo a lasciarti le mie impressive. Grazie per il consiglio, Yorick!

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