13.1.14

Echi #13 | Bruno Dumont: l'interiorità

"Un film è un oggetto mentale. E' scaturito da una sensazione. E' simile a un parto. Quando lo si filma, un paesaggio cessa di essere un paesaggio, diviene il clima interiore del personaggio. Io non filmo le Fiandre, filmo l'interiorità del personaggio. Quando vedete una soggettiva di Pharaon che guarda il cielo, siete nell'interiorità di Pharaon. Ed è giusto sottolineare come i miei film, sono prima di tutto dei film mentali. Per questo non sopporto di sentir dire che Bruno Dumont è un regista sociale. Non è sociale, è profondamenti interiore."

Bruno Dumont - portrait d’un artiste en trois mouvements

4 commenti:

  1. Parole sante, altroché. Che Dumont puntasse all'interiorità, si era capito benissimo, soprattutto con Hw ma già pure con "Flandres" e quel suo modo anomalo di rapportarsi alla guerra. Questa scelta o, se preferisci, questo gesto che volge all'interiorità, però, mi sembra qualcosa di eminentemente politico, se non addirittura sociale.

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    1. Sicuramente, anche perchè in altre occasioni, interviste, Dumont si è quasi contraddetto facendo riferimenti più politici. Io penso che comunque questo suo discorso rivolto all'interiorità sia più generale, improntato al suo operato complessivo (a tal proposito: "ho imparato come rendere interessante cose che apparentemente non lo sono. Il mio modo di lavorare oggi è completamente legato a quei dieci anni di filmare il nulla"), è ovvio che se poi andiamo a rivedere film come "L'età inquieta", "Flandrers", o anche "L'umanità", l'aspetto sociale risulta palese. Al contrario di "Twentynine Palms" e soprattutto "Hors Satan", che a mio vedere invece rispecchiano totalmente il pensiero riportato qui sopra...

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    2. Altroché, mentre invece su CC1915 sarei più cauto: sembra si essere rivolto all'interiorità (radicalmente, vedi anche il minimalismo in cui è improntato, che per certi versi amplifica l'interiorità di Camille), ma in un'accezione politica differente rispetto ai primi film. Comunque, sì, il cinema di Dumont è prettamente interiore, ma questo è un gesto estetico - il rivolgersi all'interiorità in un'epoca come questa, diseguale in tutto e per tutto a quella, per esempio, di Bergman, altro regista votato all'interiorità - davvero politico.

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    3. Pensa che CC1915 l'ho ri(s)valutato; alla seconda visione (tra l'altro sottotitolata!) l'effetto è calato di brutto. Al contrario di "Hors Satan" invece, il quale non ho più dubbi nel considerarlo la summa dumontiana!

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