7.11.14

A Floresta de Jonathas (Jonatha's Forest)

Sérgio Andrade
Brasile, 2013
99 minuti

Jonathas e la sua famiglia vivono in una zona rurale ai margini della foresta amazzonica. Per sopravvivere, si dedicano alla raccolta di frutti che poi vendono ai viaggiatori di passaggio, da un piccolo chiosco posto sul ciglio della strada. Durante uno dei suoi turni di lavoro, Jonathas fa la conoscenza di Milly, una turista ucraina in compagnia di alcuni amici, e con i quali decide di passare qualche giorno in campeggio. Ammaliato dalla ragazza, Jonathas si inoltra nel cuore della foresta...
C'è sicuramente del mistero nella foresta di Jonathas, o meglio, affiorano dei segnali magici che Sérgio Andrade dissemina nel corso di una pellicola che non sempre, però, funziona come dovrebbe. Perchè se è vero che alla base di questo esordio al lungometraggio sussiste comunque l'aspetto più contemplativo (prova ne è il lungo piano iniziale, fisso sul volto stanco di un uomo), è altresì evidente come quest'ultimo non riesca poi a formarsi con completa coerenza, tendendo invece a cedere senza quasi mai palesarsi in maniera efficace (se non alle soglie dell'epilogo), sotto il peso di una narratività ed una messa in scena non solo troppo tradizionali, ma anche alquanto anacronistici per questo genere di produzioni. Ciò che probabilmente manca al film del brasiliano, è dunque una certa "modernità" stilistica ma soprattutto, un'efficiente costruzione armonica come riesce a crearsi, ad esempio, nel lungo dialogo tra i due giovani ripreso totalmente fuori campo, dove alle parole si accompagnano le abbacinanti immagini del Rio e i resti fatiscenti di una civiltà che in fin dei conti, non sembra poi così distante dal resto del mondo. Ed è un peccato, perchè parecchie sono le suggestioni (per lo più sensoriali) che sollecitano l'attenzione di chi osserva; viene in mente la sequenza sulla spiaggia, la cui particolarità risiede in un'inconsueta, ed inquietante, simbiosi sonoro/ambientale, dove proprio alla solarità dell'ambiente (e la vivacità dei giovani che si divertono in acqua), si contrappone il freddo generato dai sintetizzatori analogici, spudoratamente eighteens (il che, vista una certa tendenza attuale, si potrebbe anche pensare in un tentativo del regista nel coniugare determinate atmosfere di genere - i primi slasher, o il cannibalico a cavallo tra i settanta/ottanta - con il cinema d'autore più minimalista). E' quindi una altro segnale percettivo, quello di un suono perturbante e solo all'apparenza, fuori contesto, perchè progettato argutamente per accumuli fino a condurci assieme a Jonathas lungo i claustrofobici sentieri che popolano la Natura più misteriosa, e a tratti onirica, di una seconda parte che riporta subito alla memoria il cinema di Apichatpong Weerasethakul e il suo Tropical Malady (2004). E anche lì, nella spirale di quella foresta amazzonica che finalmente acquisisce rilevanza, generando una sua atemporalità che sconvolge l'equilibrio di Jonathas, persiste quella "musicalità" (come in Noche) le cui percezioni, suggestioni, finiscono per mutare in autentici lampi allucinatori che potranno dissolversi solamente con le prime luci di un nuovo, rinnovato giorno. Al mattino, la baracca sul ciglio della strada attende il suo proprietario...

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