12.3.13

Mesa sto Dasos (In the Woods)

Angelos Frantzis
Grecia, 2010
96 minuti

Allacciandomi direttamente a Lost Song, per via dello stretto rapporto tra corpo umano e ambiente naturale, merita una segnalazione questa produzione (molto) indipendente che ci arriva direttamente da quella Grecia che negli ultimi tempi si sta affermando come una fucina di interessantissime cosette decisamente borderline, grazie ad autori come Lanthimos (Kynodontas, Alps), Marinakis (Black Field), Tsangari (Attenberg).
Tra questi nomi si aggiunge Angelos Frantzis, che dirige e scrive (sceneggiatura improvvisata assieme ai tre protagonisti durante le riprese) questo Mesa Sto Dasos, pellicola fortemente simbolica che s'inserisce a pieno titolo in quella categoria di film da odiare o amare, senza vie di mezzo, girata in digitale con una videocamera amatoriale e presentata nella competizione ufficiale del festival polacco Era New Horizons.
Premetto che i difetti ci sono: dalla mancanza di una linea narrativa consistente, alla scelta, alquanto discutibile, di alcune sequenze spinte (non tanto per l'estremità della scena in sè, ma per i tempi eccessivamente dilatati) ed agli inevitabili problemi che purtroppo comporta il filmare con mezzi non professionali. A parte questi dettagli, dalla sua Mesa Sto Dasos compensa con accurata e suggestiva rappresentazione ambientale, un'ottima atmosfera dominata dall'assenza e un certo stile visionario che non è per niente da sottovalutare.
Chiariamo innanzitutto che il film di Frantzis non è un horror (come spesso etichettato in giro), o almeno, non lo è propriamente inteso come termine stretto del genere. Un pò come accadde per Antichrist di von Trier, che nel bene o nel male, ha aperto la strada a svariate reinterpretazioni, come in questo caso. In the Woods (nel bosco, per l'appunto) gioca tutto sul connubio Uomo/Natura, proiettando tre giovani (due ragazzi e una ragazza) all'interno di un ambiente dove le percezioni vengono esaltate e che fin da subito si erge a protagonista; la Natura è sempre ed ovunque presente e, con l'inoltrarsi dei protagonisti nel vivo del suo cuore pulsante, fa riaffiorare con prepotenza gli impulsi di una sessualità dettata quasi da istinti primordiali, forza centrale che scatena una serie di confronti, tensioni e coinvolgimenti tra i tre, alla continua ricerca di una nuova dimensione interiore che troverà compimento nella stupenda sequenza dell'unione finale: un ricongiungimento dei corpi e un placamento dei sensi, in perfetta simbiosi (la corteccia d'albero usata come maschera) con quella Natura che forse è veramente "la chiesa di satana" (l'incipt infausto). E anche se mancano le violenti sferzate presenti nel film di von Trier, Frantzis, non è che ci va giù meno pesante, mostrandoci un paio di momenti esplicitamente "hard", (masturbazione e fellatio) con tempi pesantemente dilatati, che però (anche se personalmente non ho gradito) possono avere un suo valore metaforico (lo sperma/ la linfa degli alberi/ il mistero che circonda vita e morte).


Per quanto concerne lo stile e l'aspetto tecnico, l'influenza più evidente la si può riscontrare con il cinema sensoriale di Philippe Grandrieux (Sombre, Un Lac, La Vie Nouvelle), da cui Frantzis attinge a piene mani, facendo grandissimo uso dell'out-focus e di strettissimi primi piani che, esplorando volti e corpi, mettono in risalto stati d'animo e umori corporei, soffocando il dialogo (ridotto a pochissime battute in tutto l'arco del film), miscelandolo con tappeti sonori a basse frequenze, rumori dell'ambiente naturale (il cinguettio dei volatili, l'acqua che scorre) e optando infine, per il vecchio formato video 4:3 (con bande nere ai lati), il quale contribuisce ad accentuare quel senso di claustrofobia che invade la pellicola.

13 commenti:

  1. Molto, molto interessante. Grazie per la segnalazione.

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  2. Bene, spero sia di tuo gradimento!

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    1. Visto ieri. Francamente non so bene cosa pensare di questo film. Hai detto bene, benissimo: è un film da amare o odiare, senza vie di mezzo. Poi l'utilizzo della camera a mano, rendendo l'immagine traballante, liquida, può accentuare il senso di disagio.
      La caratterizzazione dei personaggi, pur con pochissime battute di dialogo, e la loro complicità in un rapporto difficile è un punto a favore, così come il connubio inscindibile tra uomo e natura. In questo mi ha ricordato un altro film "simile", Syndromes and a Century di Apichatpong Weerasethakul, ma l'accostamento che hai fatto tu con il film di Philippe Grandrieux, Un lac, è sicuramente più calzante. Un Grandieux,però, "alle prime armi con scarsi mezzi a disposizione", come dice Erasarhead.
      In definitiva, grazie ancora per la segnalazione. È sicuramente un film interessante, che merita una visione.

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    2. Ciao Bombus! Naturalmente Grandrieux è un altro livello, ma è il primo paragone che mi è venuto d'istinto durante la visione, essendo (anche nella sua scarsità di mezzi) comunque cinema percettivo e sensoriale.
      Bello Syndromes and Century, ma forse, volendo proprio chiamare in causa Weerasethakul, un accostamento lo farei con Blissfully Yours. Comunque questi greci ultimamente si stanno dando un bel da fare, in positivo!

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  3. Oh, giuro che non avevo letto quello che avevi scritto tu. Il fatto che abbiamo ritrovato gli stessi possibili riferimenti mi consola oltremodo. :)

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    1. Ti credo, ti credo. Se ti ricordi è come quella volta riguardo al tuo post su Aita, mi risposi che pensavi fossi l'unico essere vivente ad aver visto quel film... Sono sempre dell'idea che ci sia qualche interferenza via etere che mette in contatto i nostri pensieri :) Scherzi a parte, è un piacere averti quì, benvenuto!

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  4. Era da tempo che tentavo di procurarmelo, finalmente l'ho visto. Anche a me ha ricordato moltissimo il cinema minimalista e sensoriale di Grandieux, ma questo, in qualche modo, l'ho apprezzato di più: mi è sembrato più umano e intimo, e pian piano la sensazione si è trasformata in qualcosa di claustrofobico (hai ragione, l'effetto dei primi piani stretti e della magniloquenza dei dettagli è quella). Insomma, uno di quei film che consiglierei a chiunque. Grandissima segnalazione e bellissima e attentissima recensione, visione. Grazie mille.

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    1. Però, sinceramente non pensavo che ne rimanessi entusiasmato, che potessi apprezzarlo si, mi fa piacere. Anch'io trovo che in qualche modo sia più intimista, anche se al momento Grandrieux lo preferisco... Aspettiamo comunque che questo Frantzis possa riconfermare l'eventuale vena creativa.
      Grazie a te Yorick, per i tuoi sempre preziosi interventi!

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    2. Non lo so, anche secondo me Grandieux è superiore, ma questo sono riuscito a penetrarlo meglio, per così dire. Dovrò assolutamente rivedere "Un lac", dopo aver rivisto questo: nonostante l'abbia rivisto più volte, per me "Un lac" rimane qualcosa davvero difficile da decifrare.

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  5. Azz, speravo per una volta di avere un film in comune (ho appena visto e recensito Attenberg) e invece lo hai nominato ma non ce l'hai.
    Mannaggia...

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    1. Eh, mannaggia... però il film in comune, questa volta te l'ho anche messo in evidenza, Caden. A dirti il vero pensavo che mi venissi a trovare su "La Grande Bellezza"... Va bè, mò passo a leggere "Attenberg" ;)

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  6. questo l'ho visto proprio ieri sera frank !!
    Dici bene quando sostieni che questo film o lo si ama o lo si odia...io l'ho odiato ,anzi come scrisse il buon erasereahd ai tempi ''alcuni di voi si sentiranno depredati di 90 preziosi minuti del loro tempo'' xD
    Salvo giusto gli ultimi 5-10 minuti che mi hanno davvero scosso ( mi riferisco all'inquietantissima combo montaggio-sonoro nella scena del manage a 3 sulla spiaggia ) .
    Pero' quel finale li mi ha dato da pensare...secondo te loro 3 muoiono a fine film o sono gia' morti all'inizio e il bosco non è altro che un limbo metaforico in cui le loro anime cercano in qualche modo un alchimia prima di lasciarci definitivamente ?

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    1. Un film che divide sicuramente, alla "Antichrist" di von Trier, se vogliamo.
      La scena che citi (il menage a trois) è veramente destabilizzante, hai ragione. Riguardo al finale, opterei per la sceonda ipotesi, anche secondo me rivivono in una sorta di limbo. O almeno, quella della morte all'inizio del film è comunque l'idea che mi feci immediatamente all'epoca in cui lo vidi (ma ora come ora dovrei ripassarlo, effettivamente).

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