27.2.13

Living

Frans Zwartjes
Olanda, 1971
14 minuti

Frans Zwartjes è un artista olandese a 360°:musicista, liutaio, illustratore, pittore, scultore, ma soprattutto è uno straordinario regista. I suoi film ti danno la sensazione di completo estraneamento dalla realtà. Living, a detta del regista, è il suo lavoro preferito e io non posso che condividere in pieno, considerandolo assolutamente uno dei suoi cortometraggi migliori (se non il migliore).
La trama, in apparenza, vede una coppia (lo stesso Zwartjes con la moglie Trix) che visita un appartamento in restauro, pronto per essere arredato, presumibilmente per andarci a vivere (o forse ci hanno già vissuto!). Le azioni che i due protagonisti compiono durante i 14 minuti di visione, sono di una banalità sconcertante: osservano, si osservano, studiano lo spazio, controllano le stanze, le finestre, scendono e salgono le scale, si guardano intorno, sopra, sotto e riflettono... Ora, ciò che rende queste azioni normalissime in qualcosa di visivamente spettacolare è, indubbiamente l'atmosfera creata dalle dissonanti ed eteree musiche da organo che accompagnano l'intero film, composte da Zwartjes e Michel Waisvisz, sperimentale e visionario musicista che per 27 anni ha diretto ad Amsterdam il centro STEIM di ricerca e sviluppo della strumentazione per le arti performative elettroniche. Ma principalmente, al modo in cui Zwartjes riprende il tutto. Elementi fondamentali sono dati dallo spasmodico uso dell'obiettivo grandangolare e dall'esagerata esposizione della luce. Quest'ultima, accentua il bianco, che diventa il colore predominante della pellicola. Quel bianco che filtra attraverso le finestre come una fitta nebbia luminosa e invade lo spazio asettico dell'appartamento, crea un distacco con l'ambiente esterno che avvolge Frans e Trix, e gli isola completamente dal resto del mondo. Le loro espressioni di malinconia e il pallido trucco che ricopre i loro volti, suggerisce l'idea che essi siano delle creature che non appartengono più a questa realtà o vita terrena. Fantasmi intrappolati nel ricordo della loro casa, e che ora guardano con la consapevolezza di non poterci più vivere. L'ambiente ha un aspetto nuovo per loro, una nuova disposizione, sul pavimento notiamo il foglio di un progetto e un modellino d'arredamento che Trix non esita a ricomporre a suo piacimento, forse per ritrovare, anche solo per un istante, l'aspetto di un tempo. La sensazione d'isolamento e alienazione che pervade durante la visione, viene accentuata sia dall'ampio uso del grandangolo, che aumenta il clima di irrealtà fino a sfiorare la deformità dell'immagine, senza però ricorrere all'uso dell'effetto "fish-eye", e soprattutto, dagli stupefacenti movimenti di camera. Il regista gira vorticosamente sui protagonisti (alla Angst, per intenderci), i quali vengono ripresi ora dal basso, ora dall'alto, esplorandoli invadentemente e inserendo a tratti, degli improvvisi e violenti frame, molto corti e velocissimi, che spezzano l'andamento ondulatorio della pellicola. Infine, l'ipotesi di un'altra vita (o dimensione) viene avvalorata nell'ascesa dei protagonisti che culmina nel finale: mentre Frans e Trix salgono le scale e guardano verso l'alto, verso un'altra luce che filtra dall'attico. Forse per loro è giunto il momento di abbandonare per sempre quel luogo!

11 commenti:

  1. Non c'è che dire, sei sempre un passo avanti a me, visione: e non solo per quanto riguarda i tempi, anche (soprattutto) per l'analitica con cui affronti (o sei affrontato?) determinate pellicole. "Living", io l'ho visto mentre facevo incetta dei cortometraggi di Zwartjes, ed inutile dire che non avrei mai raggiunto la sua profondità senza averti letto, complice anche un approccio del tutto differente mi sa. Hai ragione, l'impressione è che essi siano fantasmi, impossibilitati, se non all'esistenza, almeno alla spazio-temporalità cui siamo abituati, ma fondamentalmente, come a te, mi hanno colpito soprattutto i movimenti di macchina: vorticosi, spasmodici e disorientanti. Solo a me danno l'idea di una fisicità in agguato?

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    1. Ma no, che dici... La tua disamina sull'operato di Zwartjes è mille volte meglio di questo scritto. Che tra l'altro, rileggendo, ho trovato forse un pò acerbo, si nota che risale a più di un anno fà. All'interpretazione c'ero arrivato dopo averlo visto tre o quattro volte, è l'unico dell'artista che ho veramente approfondito. Gli altri, da "Visual Training" (soprattutto) a "Bedsitters", ma anche da "Behind the Walls" ad "Anamnesis", necessitano assolutamente di revisioni, in particolar modo ora Yorick, dopo aver letto le tue interessantissime interpretazioni: il connubio "corpo/cibo/sesso" ("mangia perché è mangiato ed è mangiato perché mangia"), bravissimo te, dopo un solo approccio!

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    2. Eh, aspetta, perché anche a me, di alcuni ("Spectator", soprattutto), ci son volute diverse revisioni. Comunque ho trovato abbastanza interessante questo, http://mubi.com/topics/director-introduction-frans-zwartjes

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    3. Effettivamente "Spectator" è quello che mi era sfuggito più degli altri, avendoli comunque visti tutti una sola volta (eccetto "Living" appunto), sinceramente penso di non ricordarlo. E' per caso quello dove ci sono due donne che parlano sul divano?...
      Pomeriggio vado al link segnalato, grazie.

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    4. Eccolo, http://www.youtube.com/watch?v=64ARnFi3DuQ. A me ha esaltato parecchio, l'ho trovato estraniato e straniante, e come ho scritto mi ha ricordato molto Lynch, che sicuramente l'ha plagiato per i suoi primi lavori (quelli più onirici e psicanalitici).

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  2. Anonimo06:04

    Sì, si figuri se Lynch conosceva Zwartijes. Lynch avrà visto una decina di film nella sua vita -e di gente nota (bergman, fellini, tati, wilder)- mi sembra inverosimile che possa essersi imbattuto nel cinema di uno sconosciuto olandese.
    J.

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  3. ma vogliamo parlare del trucco "fantasmico" alla carnival of souls? dedica più che esplicita direi e infatti i personaggi si muovono come due fantasmi, letteralmente infestando la casa, proprio come anche tu accenni...

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    1. Bravo! "Carnival of Souls"... ecco cosa mi ricordavano i volti truccati in quel modo. Grande occhio :)

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  5. scusa era pieno di errori... dicevo... Carnival of soul l'ho proposto al cineforum e ho lasciato tutti a bocca aperta... dopotutto è un must. Romero ha dichiarato apertamente di essersi ispirato a questo film per il look dei suoi zombetti, nonché Lynch e infatti, quando l'ho visto, ho colto immediatamente le atmosfere tipiche di questo regista, soprattutto nella prima parte del film. Quanto a me debbo dire che è un film che è riuscito a farmi riprovare quella sottile e strisciante paura del buio puerile, il tutto senza versare una goccia di sangue, ma generando un crescendo di paura primordiale... la scena del ballo è uno degli apici del cinema per me e da bimbo avrebbe potuto togliermi il sonno per giorni! scusa l'ot ma era doveroso per un capolavoro di questo calibro!

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